Scuola e concorso: ministro, provi il «quizzone»
Sono una ex insegnante, madre di una insegnante precaria, ma soprattutto sono una ex insegnante e madre arrabbiatissima. Già lo ero per questa assurda e vergognosa politica (che non è politica ma sporco gioco di interessi); oggi lo sono ancora di più per quello che è stato definito dal professor Bertagna «un concorso con tanti quiz e poca logica» (e poco tempo a disposizione, dico io: la didattica non vale anche per le prove degli insegnanti?) e da Famiglia Cristiana «un concorso beffa».
Riporto testualmente: «Non importa la preparazione specifica per cui si è studiato e spesso insegnato (se l'età media è sui quaranta, quasi tutti i partecipanti al "concorsone" - 231mila candidati - stanno attualmente insegnando, come supplenti o precari a vario titolo), né importano competenze pedagogiche o tecniche di insegnamento... conta soltanto una mente allenata a quiz all'anglosassone... Sarebbe stato più onesto - conclude Famiglia Cristiana - organizzare una lotteria».
Come madre ed ex-insegnante, provo un sentimento di grande impotenza, non tanto e non solo per mia figlia o i miei figli, più o meno costretti a lottare con gli stessi problemi, ma per tutta questa gioventù, privata del diritto di un futuro, privata delle sue speranze, dei suoi sogni, del diritto di farsi una famiglia, di avere un lavoro.
La mia generazione è stata fortunata, molto fortunata. Io almeno mi sono sempre sentita così. Figlia di un semplice maresciallo, ho potuto laurearmi nel '68(!) grazie al presalario (360mila lire, offerti alle famiglie sotto un certo reddito) e all'esonero tasse (qui ci ho messo del mio perché bisognava mantenere una certa media, oltre al voto alto di maturità).
Bocciata, subito dopo il diploma, al concorso magistrale, (ma chissà perché molti candidati avevano le dispense, guarda caso, sull'argomento proposto all'esame - individualizzazione dell'insegnamento - (erano tutti andati a lezione di un certo professore...), ho superato l'esame di abilitazione sia per le scuole medie inferiori che per le superiori, ma non ho partecipato a nessun concorso. Sono ugualmente entrata in ruolo con una legge, la 740 mi sembra.
A quei tempi, riconoscente allo Stato, avrei potuto considerarmi una conservatrice, a volte ribelle per molte altre questioni e situazioni dimenticate e drammatiche (non mi è mai mancato il senso della critica e, lo ammetto, anche della polemica).
Sempre amando la mia professione, anche allora sottostimata, non ho seguito la classica evoluzione di cui parla il grande Ignazio Silone: rivoluzionaria da giovane, conservatrice da adulta, reazionaria da anziana.
La mia evoluzione, complice l'involuzione del modello di vita politico sociale ed economico, ha seguìto un'altra linea: diciamo tradizionalista da giovane (non ero sicuramente una conservatrice, se non in alcune cose che giudicavo positive), sempre più critica e combattiva da adulta, in rivolta oggi (non mi va il termine di rivoluzionaria). Ma non sono solo in rivolta, e arrabbiatissima, sono anche e ancora lucida. E, con forza, contesto il sistema, lotto secondo le mie forze e il mio potere per un rinnovamento di questo sistema e di questa società (purtroppo ho votato Renzi e sono stata sconfitta), lotto per il bene (non l'interesse) della mia famiglia, per il mio entourage, per tutti quei giovani che hanno avuto fiducia in me come insegnante.
Per questo, a proposito del concorsone, lancio una provocazione, o meglio una sfida alle forze politiche che hanno permesso una simile nefandezza: perché tutti i membri del Parlamento non si sottopongono agli stessi quiz? (senza imbrogli!), in diretta televisiva? Ne vedremmo delle belle, perché oltre a non riuscire a portare a termine una legge elettorale decente, loro dovere, io penso che non sarebbero in grado di superare una prova che loro stessi hanno proposto!
Mi sono sfogata! Ma non per questo mi sento meglio. Vi prego, fate qualcosa per i nostri giovani, per i nostri figli, finché siete ancora in tempo!
Ida Agazzani, Brescia
Se c'è una categoria che è rimasta delusa dal Governo dei tecnici è certamente quella degli insegnanti. Almeno così parrebbe a giudicare dalle molte lettere che abbiamo ricevuto. Forse il risentimento deriva dal fatto che in questo Esecutivo molti sono i professori e quindi i docenti si aspettavano un poco di attenzione in più. Ma il mondo della scuola è da diverse stagioni che si lamenta di chi lo governa e lo dirige. Il Concorsone è solo l'ultima occasione per manifestare questa insofferenza perdurante.
Bisogna essere onesti: quando i posti sono pochi e i pretendenti sono molti, bisogna trovare qualche criterio di selezione. L'ingresso nel mondo docente tramite supplenze e sostituzioni, poi destinate a diventare sempre più lunghe fino a creare un esercito di precari, ha portato alla situazione odierna che nessuno si sentirebbe di avvallare oltre. Lo stesso sistema - e lo ricorda anche la lettera - ha creato le premesse per una serie di «sanatorie» di fatto, secondo formule di volta in volta diversamente fantasiose. E anche questo non è meno esposto alla casualità e alle manipolazioni. Bisognava quindi trovare un sistema di reclutamento più affidabile. Molte voci favorevoli si sono alzate quando il Governo ha proposto il ritorno al concorso, che dovrebbe essere la strada maestra per le assunzioni nella pubblica amministrazione. Ma per dare la prima sfoltita alla folla dei candidati-docenti, il Ministero ha pensato che il metodo migliore fosse il «quizzone». D'altra parte, anni e anni di serate televisive con Mike Bongiorno, Carlo Conti, Gerry Scotti e compagnia interrogante lasciano il segno e permeano la mentalità di un intero Paese. Mancava solo che ai candidati venisse proposta la scelta tra i pacchi-sorpresa...
Ora, chi ce l'ha fatta tira un sospiro di sollievo, chi è rimasto fuori protesta: inevitabili conseguenze di ogni selezione. Ma la provocazione che indica la lettera merita di essere raccolta. Magari non proprio tutti i politici, ma almeno il ministro Profumo - che ama definirsi insegnante -, i funzionari e i consulenti che hanno preparato il quizzone, potrebbero sottoporsi pubblicamente alla prova che hanno imposto come pre-requisito agli aspiranti futuri insegnanti. Lo facciano, dimostrino che ha un senso e non era solo un trucco. Rilanciamo la sfida con la serenità di chi, anche solo per curiosità, ci ha davvero provato. Com'è andata? Forse, incrociando le dita... (cl. b.)
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