Scienze motorie e quell’esame che non si passa

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Sono genitore di un ragazzo frequentante il III anno di Scienze Motorie presso l’Università degli Studi di Brescia e vorrei evidenziare alcune «prassi operative» nella gestione delle sessioni di esami che gettano mio figlio, me e altri sventurati miei pari, nello sconforto e nella prostrazione per la prospettiva di non poterne venire a capo in tempi e modi dettati dal buon senso e dalla ragione.Il ragazzo si trova nella condizione (comune ad altri cinquanta studenti) di dover sostenere l’esame scritto di Fisiologia e Biomeccanica quale ultimo ostacolo prima della laurea e di non passarlo mai! Posso intuire che vista l’attuale penuria di sbocchi professionali nel settore, i docenti possano «traccheggiare» un po’ prima di avallare un risultato positivo, ma far ripetere l’esame per 12 (dodici) volte senza ritenere idoneo il candidato mi sembra un po’ eccessivo, inutilmente umiliante, implicitamente accusatorio anche della qualità dell’offerta formativa espressa dai docenti stessi; frustrante per chi lo sostiene e non ultimo, fastidiosamente dannoso per la salute delle finanze familiari, periodicamente intaccate dalle puntualissime tasse universitarie. Premetto che non conosco il regolamento interno dell’ateneo ma mi sembra assurdo concedere, una sola sessione di esami, non ripetibile, ogni tre mesi. Significa che il malcapitato, precedentemente evocato, ha sprecato 3 anni (tre anni, quanto la durata di un corso breve) per superare questo scoglio. Per quanto ne so, da quel che mi riporta un figlio sempre più abbacchiato, l’esame (di Fisiologia in particolare) consiste in un test di sessanta domande, superabile con trentadue risposte giuste. C’è gente che cerca di «portarlo a casa» da 2 (due) anni senza esservi riuscito e questo m’induce a pensare che da parte dei docenti in questione vi sia una sorta di «fumus persecutionis» nei confronti dei propri allievi e probabilmente un insano e morboso atteggiamento di superiorità e autoreferenzialità. Non mi voglio dilungare sull’argomento delle «baronie» universitarie, peraltro tornate in questi giorni prepotentemente alla ribalta con i noti «fatti» della «Sapienza» di Roma, e usarne gli articolati aspetti come foglia di fico per nascondere i limiti che sicuramente ci saranno anche nelle metodologie di studio di qualche studente, ma a forza di allungarlo, il brodo si rende insipido e indigesto anche per stomaci giovani. Forse qualche dubbio sull’organizzazione delle lezioni e degli esami per le materie in questione, potrebbe anche insinuarsi nel granitico e burocratico atteggiamento dei docenti. I tanti perché dello scoramento e conseguente abbandono degli studi da parte di molti, hanno, talvolta, padri e madri. Mi perdoni lo sfogo ma la prospettiva di vedermi in casa un figlio avvilito, sfiduciato, deluso e senza possibilità di completare il programma di studi con un corso specialistico, mi angoscia un pochino. L’ho consigliato, con i suoi «compagni di sventura» di rivolgersi al Rettore per chiedere lumi e verificare possibili soluzioni ma lo vedo abulico e incerto; sarà ben accetto, qualsiasi suggerimento in merito. Senza dover scomodare il ministro Carrozza, ho provato a condividere il mio disagio per e-mail con una funzionaria «pescata» dal sito Miur ma, di questi tempi, sembra più facile ottenere attenzione dal Papa che da un dirigente pubblico.
Lettera firmata

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