Quell’albero di Natale nella casa in lutto

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Oggi è un giorno di festa e per tradizione si prepara l’albero di Natale. Non c’è pensiero più angosciante di questo per una famiglia che ha perso un figlio/a. Da quel momento sembra che tutte le luci si siano spente e si cammina al buio, pure a casa propria, si fanno le cose come gli automi, sempre le stesse, sempre uguali. Fin dai primi di dicembre quando la città comincia ad accendersi cresce l’angoscia nei cuori delle nostre famiglie. «Come si può sopportare tutto questo clamore, tutta questa gente che entra nei negozi per comprare regali, come si può, ma non sanno che a me fa male, che io sto piangendo perché nella nostra famiglia c’è un posto vuoto?». La gente... non può sapere, la vita scorre sempre incessante e le lacrime di queste famiglie restano nel privato di una casa. Come ogni anno in questo periodo, qualcuno che ha avuto il lutto più recente si è fatto coraggio e ha chiesto: «Ma voi l’albero, lo fate?». La maggior parte ha risposto di sì, ma ha anche parlato delle difficoltà che ha incontrato. Non è stato facile, ma proviamo a pensare quello che i nostri figli e anche i nostri mariti pensano di noi a riguardo, mi sono sentita una scossa e mi sono svegliata. Appunto... le voci dei fratelli, proviamo ad ascoltarle. «Io non capisco perché a casa mia non si festeggia più niente. È vero, è morto un fratello, ma io sono vivo, non conto niente? Allora devo pensare che sarebbe stato meglio che fossi morto io al posto suo? Io ci sono e questo i miei genitori non vogliono capirlo. Mi guardano, mi trapassano con lo sguardo e vanno avanti. Al cimitero hanno allestito un presepe e un piccolo albero. Ma a casa? Non si sa dove andremo a mangiare, io voglio restare a casa mia come prima, e voglio risentire l’atmosfera di prima!». «A Natale - dice un papà - ricaccio indietro l’angoscia che mi si accumula alla gola e cerco di convincermi che si, è un Natale diverso, ma pur sempre un Natale! La figura di mia moglie mi sgomenta, una marionetta che recita bene la sua parte e lo smarrimento negli occhi dei miei figli mi paralizza. Ma allora è tutto finito? A volte penso che lei avrebbe preferito che fossi morto io al posto di nostra figlia e spesso me lo ha detto apertamente...». Potrei continuare a raccontare cose di questo genere, ma so che voi le conoscete già, solo che non ce la facciamo a cambiare di una sola virgola quella vita... Ma anche l’anima, come ogni casa che si rispetti ha una cantina. Lì noi rinchiudiamo con lucchetti a doppia mandata tutte le cose che ci disturbano, quelle che ci fanno soffrire e anche i nostri sentimenti, quelli più scomodi da gestire: la rabbia innanzitutto, il risentimento verso una vita che a nostro parere è stata ingiusta e simbolicamente anche gli oggetti, quelli che da quel giorno mai più vorremmo che si presentassero ai nostri occhi. Tra questi oggetti c’è anche quell’albero di Natale che una volta non vedevamo l’ora di riportarlo su e addobbarlo. Ebbene è arrivato il momento che ci facciamo coraggio e dopo aver visitato la cantina della nostra anima, scendiamo nella cantina della nostra casa, dove sotto cumuli di roba, giace quell’albero che invece reclama di essere riabilitato, usato e illuminato. E chi aveva posto quella domanda alla fine ha detto: «Domani scendo in cantina e prendo l’albero, ce ne sono tre, il primo piccolo perché eravamo appena sposati e la casa era piccola, poi c’è quello di quando abbiamo cambiato casa, e poi c’è quello di quando eravamo tutti, anche lei... Prenderò quello più grande...». Ieri sera a cena ho chiesto a mio figlio che ne pensasse se quest’anno avessimo fatto di nuovo l’albero. «Ottimo», mi ha risposto, mentre il suo viso si illuminava per l’emozione...

// La mamma di Diletta

Il viso illuminato di suo figlio, cara signora, riflette la luce di Diletta che andrà ad ornare anche il vostro albero. E anche dopo, quando verrà riposto in cantina, quella luce continuerà ad illuminare i volti e a riscaldare i cuori di chi l’ha amata e la ama ancora. Un abbraccio con l’augurio di un sereno Natale, sapendo che anche Diletta vuole così. (n.v.)

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