Più volontariato e meno movida (non è così semplice)

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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C ome ogni giorno leggo le cronache locali del GdB, tra le altre mi soffermo sulle varie misure intraprese dal Comune di Brescia per rendere sicure le lunghe serate e nottate dei nostri giovani impegnati a divertirsi nelle ormai famose «movide». Immerso in questi pensieri ecco arrivare dal cellulare l’avviso di un messaggio, anch’io come tutti i ragazzini, incuriosito, apro: è il mio amico Giancarlo Sardini, volontario di lungo corso del movimento Mato Grosso, che mi invia una bellissima fotografia di un piccolo paradiso sulle pendici del Monte Guglielmo, un balcone sul Lago d’Iseo proprio uno smeraldo «tra cielo e lago» con dedica «oggi campo di lavoro agricolo per i nostri ragazzi e ragazze – una settantina». Allargo la foto ed ecco spuntare ragazze e ragazzi sorridenti e felici intenti chi a sfalciare, chi a rastrellare, chi a raccogliere l’erba, la fotografia è talmente coinvolgente che mi sembra di udire le risate di questi ragazzi, sudati, alle prese con la fatica, ma felici, avvicino il telefonino sperando di sentire il profumo dell’erba appena tagliata. Per un attimo mi sembra di essere con loro rivivendo felici ricordi della mia infanzia. Cosa rispondere al mio amico? E qui sorge il confronto con la «movida». Lassù nessun problema di sicurezza, di abusi di alcol, di malori, di violenza, ma perché? La risposta è molto semplice e la messaggio al mio amico: «Il vero divertimento è condividere la fatica, il sudore con gli amici, e come dici tu bisogna salire in alto per aiutare chi sta in basso, questi ragazzi ti saranno sempre grati per una giornata di vera vita tra cielo e lago» .
Romano Roberto Benedini
Adro

Caro Romano,

la foto che l’ha ispirata è quella che pubblichiamo qua accanto e negare che sia uno spettacolo per gli occhi e per il cuore ci pare impossibile. La condividiamo dunque, certi che saprà infondere a ciascuno ciò che la bellezza trasmette, cioè una sensazione di pace, di serenità, di compiutezza, a fronte del tamburo arrembante di notizie brutte, ansiogene.

Attenzione però. L’esperienza del suo amico Giancarlo e dei ragazzi e delle ragazze che hanno scelto di condividere divertimento e fatica è stupenda in sé, senza necessità di contrapporla ad altro.

Avendo quattro figli siamo certi - ma crediamo che se lo chiederà a Giancarlo glielo potrà confermare - che quella settantina di giovani impegnati in un’opera di volontariato, sono gli stessi che in altri momenti, in differenti serate, escono per quella che chiamiamo «movida» e che è poi uno stare insieme, chiacchierando, sorseggiando, piluccando, ridendo, talvolta ballando, urlando anche, vivendo insomma.

Esiste infatti un comune denominatore in tutte le occasioni, quelle frivole e quelle impegnate, quelle con uno scopo evidente e quelle senza apparente motivo, ed è sintetizzabile in una sola parola: «insieme». Stare insieme, condividere.

Certo che una parte di giovani esagera, qualcuno purtroppo abusa, sbaglia, però tirare una riga e mettere di qui i buoni e di là i malvagi non si può. Il mondo è assai più vario e cangiante di quanto noi lo vogliamo inquadrare. (g. bar.)

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