Perché sono contro le telecamere nelle Case di riposo

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La mia opinione sulle telecamere all’interno delle Rsa e delle Rsd. No, non sono assolutamente d’accordo con l’inserimento obbligatorio delle telecamere nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) per anziani e per le Residenze Sanitarie per Disabili (Rsd). Il provvedimento approvato in Consiglio regionale parla di «impianti di videosorveglianza interna, per il monitoraggio e la prevenzione da azioni lesive della dignità di ospiti e operatori». A prescindere dalle valutazioni già fatte dagli addetti ai lavori, vorrei esprimere la mia contrarietà su questo provvedimento perché quella che passa è l’idea di un Paese dove il tema della insicurezza, pur nella sua legittimità è però affrontato in modo per lo più demagogico e strumentale. La questione è certamente delicata e merita una profonda riflessione. Il consenso a questa proposta non può però essere solo e semplicemente supportato dalla emozione e dalla legittima indignazione che pervade ognuno di noi quando ci troviamo di fronte a certi servizi televisi che mostrano le violenze gratuite nei confronti delle persone più fragili. Mi rendo conto che ogni singolo caso «è di troppo», ugualmente penso che lo strumento messo in campo sia sproporzionato rispetto al problema in questione. Qual è oggettivamente l’eco di questi fatti che noi viviamo nella nostra quotidianità? Personalmente non ho dati da presentare a supporto del mio parere, ma, ad esempio, limitandomi al bresciano e in particolare al territorio di competenza dell’Ats di Brescia nel quale sono presenti 84 Rsa e 8 Rsd, non ricordo casi particolari che portino a richiamare la necessità di una iniziativa di questa misura. Quando si parla di telecamere, sempre più invasive nella nostra vita, la tesi di chi ne è a favore è quella che ad esserne contrari siano solo i soggetti che hanno qualcosa da nascondere. In realtà sapere che ogni mia azione è ripresa mi crea un certo disagio, un’inquietudine come se fossi costantemente nel Grande Fratello o in un episodio della serie tv Black Mirror. Restando però al tema in questione, sottolineo come sarà difficile predisporre delle procedure che possano essere omogenee per strutture diverse per loro natura; di più, mi auspico, ma lo do per scontato, che ci saranno all’interno delle strutture aree e zone di privacy invalicabili per residenti e ospiti oltre che per gli operatori. Se sarà così, i maleintenzionati, i violenti, sapranno già dove perpetrare i loro atti. Aggiungo, all’interno di ogni Rsa e di ogni Rsd si sviluppano dinamiche, comportamenti e relazioni che tengono conto della «biografia» del singolo ospite. Dinamiche che nessun occhio elettronico saprà mai distinguere, capire, comprendere e interpretare. Il rischio? Un rapporto più freddo, staccato e burocratico da parte del personale. Ecco allora che prima ancora delle telecamere penso sia necessario che all’interno delle strutture si intervenga concretamente in modo sempre più sinergico tra i vari soggetti chiamati ad operare a favore dei residenti delle Rsa e delle Rsd. È necessario insomma ripartire da un modello che ancora oggi è in tanti casi pietistico, facendo uno scatto etico e politico a difesa dei diritti delle persone fragili. Certo, questo è un obiettivo più complesso da raggiungere perché necessita di una nuova grammatica e di un diverso atteggiamento, cosa che non richiedono invece le telecamere. Anzi.

// Oscar Turati
Rezzato

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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