Nessun restauro può portare all’antico splendore
Lettere al direttore
AA
Nessun restauro, neanche quello meglio fatto e rispettoso, riporta «all’antico splendore» un monumento od un’opera d’arte; tutt’al più gli conferisce una migliore leggibilità, la mette in sicurezza o magari lo ripulisce solamente dalle incrostazioni del sudiciume spesso provocato da errori umani di manutenzione.
Più spesso un restauro mette delle pezze ad una situazione di degrado; oppure semplicemente lo maschera. Poiché anche sul suo giornale è un continuo peana di «rinnovati splendori», mi permetto di mandarle queste due righe per mettere almeno un po’ in sordina l’abusata ed inutile espressione trionfante.
Luciano Anelli
Già docente di Teoria del Restauro presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore
Caro Luciano,
pur se è tempo di avvento e non di quaresima, un pizzico di cenere sul capo in segno d’umiltà non è mai vano. Con questo spirito pubblichiamo la sua nota, che rimanda alla virtù della temperanza e di una pacatezza che è la cifra di chi sa guardare il mondo con stupore, ma egual disincanto. A parziale discolpa diciamo che l’enfasi e l’entusiasmo esagerato sono peccati veniali, dovuti più al desiderio di voler acchiappare l’attenzione che ad altro. E in un tempo in cui l’informazione corre rischi gravi, tra quanti la vorrebbero manipolare e chi imbavagliarla a proprio uso e consumo, qualche superlativo in più su questioni legate al restauro si può tollerare. Detto ciò, almeno personalmente, della sua richiesta faremo buon uso. E grazie per aiutarci a fare il nostro mestiere un pezzettino meglio. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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