Michele Serra, i raduni in piazze e le sorti dell’Ue

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA
L’appassionato intervento di Michele Serra, che ha avuto comunque l’effetto di muovere una parte dell’opinione pubblica, pur godendo del mio rispetto, non mi pare del tutto condivisibile, e comunque non sembra del tutto convincente. Premetto subito, a scanso di equivoci, che nessuno può permettersi, a meno di coltivare inconfessabili nostalgie, di pensare che l’Europa unita non sia un obiettivo da raggiungere. Avere un unico ordinamento statale e giuridico nel nostro continente, che superi nazionalismi e conflitti interstatali, ricorrendo al solo strumento del diritto e alla cultura dell’integrazione, è un orizzonte che ciascuno non può non avere nelle proprie aspirazioni di cittadino di un’area geografica, ma anche culturale, che nel tempo ha espresso valori che hanno contribuito al progresso dell’umanità. Ma si dovrà ricordare anche che le nazioni europee hanno portato nel mondo ingiustizie e violenze, oltre che sottrarre ad altri continenti preziose risorse materiali ed umane. Cosa che in parte avviene ancora oggi. Proprio per questo l’Europa, per riscattare tale ruolo negativo, ma anche per affermare quanto di positivo è stato compiuto nel cammino verso un mondo più libero e democratico, deve costituire un esempio di unificazione dei popoli che la abitano, sotto l’egida dello stato di diritto e di un sistema politico istituzionale tendente alla piena uguaglianza e libertà dei suoi cittadini. Dunque è doveroso battersi per un’Europa unita non solo dal punto di vista economico e finanziario, ma anche dal punto di vista politico e istituzionale. Ma possiamo dire che parte di quegli obiettivi sia già stata raggiunta e che siamo sulla strada giusta per, efficacemente, conseguire quei traguardi? E qui cominciano a sorgere le perplessità. Possiamo dire che l’Ue è una comunità accogliente che tende ad includere e proteggere chi proviene da zone del mondo turbate da carestie, guerre e regioni autoritarie? Gli accordi di Dublino, da parecchio tempo sotto critica, non sembrano rispecchiare quei principi. Possiamo dire che nell’ambito dell’Unione, oltre alla libertà di transito delle merci e dei capitali, siano altrettanto efficacemente tutelati anche i diritti dei lavoratori e siano garantiti diritti all’assistenza medica e sociale, il diritto allo studio, il diritto all’abitazione e altre garanzie sociali, tali da assicurare ai cittadini degli Stati membri condizioni di vita accettabili e omogenee? I dubbi maggiori poi l’Unione Europea li sta sollevando nella politica estera e nei conflitti che stanno incendiando il mondo, proprio sui confini europei. Mentre non si è saputo fare altro che balbettare qualche timido mugugno di fronte al deliberato massacro dei cittadini di Gaza e alle atrocità commesse verso i cittadini palestinesi, anche in Cisgiordania, abbiamo continuato ad armare l’Ucraina senza una seria iniziativa diplomatica tale da sventare la guerra in corso. Oggi, in assoluta assenza di una linea comune di politica estera comunitaria, e resi orfani del padrino politico-militare statunitense, che - ve ne erano da te mpo tutte le premesse - si è rapidamente trasformato in un gendarme armato dei propri giganteschi affari, aspiriamo solo ad una cosa: armarci e investire sugli armamenti. E noi dovremmo manifestare, pur nulla obiettando su quelle linee di condotta che non hanno sconfitto la povertà, non hanno reso più sicuri i cittadini europei, ma stanno solo prospettando che saremo più armati? Stimatissimo Michele Serra, io ci penserei un po’ di più alla tua proposta, e le darei pure qualche contenuto in termini di valori.
Pietro Garbarino
Brescia

Caro Pietro,

Michele Serra è stimatissimo anche da noi, riconoscendogli una genialità che ha pochi pari come scrittore («notista» di costume, nel senso più alto del termine). Perciò non riusciamo a provare che simpatia per quanto lo riguarda, persino per ciò che non gli somiglia, qual è l’adunata in piazza da migliaia di persone.

Non è la prima volta che un narratore si trova catapultato da sé in un agone, vestito da tribuno senza esserlo minimamente.

Due nomi, tanto per dire: Beppe Grillo e Nanni Moretti. Il primo ha avuto l’illusione e anche l’ostinazione - per certi versi ammirevole - di trasformare l’indignazione in agenda ed azione. Sappiamo tutti ciò che ha prodotto. Il secondo s’è limitato al gesto nobile ed è ciò che crediamo accadrà pure per Serra, troppo sottile per brandire a lungo i megafoni, figuriamoci scudi e spade che impugnano i capipopolo di professione.

Umanamente lo comprendiamo, che il/la giornalista spesso fa questo mestiere con una missione «politica», per contribuire alla crescita di una comunità, potendo promuovere valori in cui crede (nel nostro caso la diversità, anche di opinione; la libertà di espressione; la coesione sociale; il rispetto reciproco; l’attenzione ai più deboli; il benessere economico, ma prima ancora quello umano, personale...).

Guadare il Rubicone che separa il giornalismo dalla politica militante è una tentazione secondo noi da evitare, ma comprensibile.

Premesso questo, tre righe anche sul nocciolo della sua lettera, sul dubbio che l’Europa, così com’è, meriti davvero il nostro sprone. La nostra risposta è sì. E non perché l’Unione Europea sia esente da difetti, bensì perché proprio la sua imperfezione è il motivo del dover prendersene cura, del non lasciarla deragliare o, peggio, sciogliersi. L’Europa è una casa da custodire, non un potente da osannare. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato