Mia madre multata La differenza tra corretto e giusto

Lettere al direttore
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Vi scrivo per un sentimento di richiamo all’attenzione alle persone. Soprattutto in un mondo dove i furbi la fanno franca (è una vecchia storia) e dove tra poco saremo sostituiti, dalla cosiddetta intelligenza artificiale se vi diventiamo uguali. Mia madre è stata multata perché sulla corsa della metro era in possesso del biglietto di viaggio, ma non convalidato. Corretto, è la regola. Mia madre è del ’44, ha ottant’anni. È andata all’ospedale a fare delle cure per i dolori alla spalla, a casa ad aspettarla c’era mio papà che quasi non cammina più. Doveva anche correre ad accudire il gatto di mio fratello che è via. Il treno della metro l’ha preso «al volo», contenta della coincidenza di vederlo arrivare mentre arrivava anche lei. Non è certo la prima volta che prende la metro e sa come funziona, ma questa volta si è dimenticata. A volte le viene facile confondersi, come un po’ a tutte le persone indaffarate tra faccende domestiche, visite, cura dei propri cari. In ogni caso, ha trovato il controllore che l’ha multata, anche se gli sarebbe bastato poco per comprendere che non si trattava di una furbizia, ma di una dimenticanza, magari facendola scendere per obliterare il biglietto e prendere la corsa successiva. Giusto per non comportarsi come un’intelligenza artificiale. A lei ho spiegato che il controllore non poteva non darle la multa, ma la mia idea, come avete letto, è di tutt’altro tipo. E così le ho mentito, perché una sanzione per una «mancanza» ad una certa età ti crea scompenso e smacco morale. Ecco suggerisco magari qualche corso di umanità in più se vogliamo fare ancora la differenza.
Alessandra Busseni
Castenedolo

Cara Alessandra,

la comprendiamo benissimo. Specialmente nel punto in cui dice che «a una certa età» i piccoli inconvenienti si ingigantiscono, poiché ricordano gli anni che passano e toccano un nervo scoperto, facendo sentire inadeguati, incapaci di stare al passo con i tempi, non più «di questo mondo». Crediamo sia un meccanismo naturale, quasi di preparazione per l’ineluttabile, sta di fatto che trasformano il poco in tanto, la banalità in dramma.

Comprendiamo altresì la sua «bugia bianca», l’aver sostenuto con sua madre un’opinione a cui lei stessa non crede, cioè che il controllore ha fatto bene a dare la multa.

Da ultimo, per far filotto, vorremmo dire che capiamo pure il controllore, che ha svolto il suo preciso dovere. Non ce la facciamo.

A fare da limite e bilanciamento al «dovere» esiste un altro preciso ingrediente: si chiama «coscienza».

Nel suo caso potrà essere banale, ma in altre circostanze, più gravi, omettere quest’elemento può trasformare in persecutore chiunque esercita un «potere». Ricordarlo è sempre terapeutico e mai banale. (g. bar.

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