Ma quali lamentele Fare il sindaco oggi è più arduo che mai

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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In merito alla lettera pubblicata il 6 marzo che riporta l’appello «cari sindaci basta lamentarsi e spendete di meno», da sindaco ormai al terzo mandato, vorrei fare una riflessione e nello stesso tempo tranquillizzare l’autore dell’appello, il signor «Lettera Firmata» (noi amministratori ci mettiamo sempre la faccia e la firma). Vorrei tranquillizzarlo dicendogli che non spenderemo più: di soldi non ce ne sono! Noi amministratori ci siamo abituati ad andare in guerra con le armi che abbiamo e la maggior parte delle volte ci troviamo in prima linea con arco e frecce, a combattere con quello che ci è rimasto (scusate questo esempio in un momento davvero particolarmente triste e delicato della nostra epoca). Con questo intendo dire che cerchiamo, come possiamo, di gestire le richieste che provengono dai nostri cittadini, che, per altro, nei nostri piccoli comuni, quei cittadini sono per la grandissima maggior parte dei casi persone che conosciamo benissimo proprio perché siamo cresciuti insieme. Le assicuro che guardare negli occhi un tuo concittadino e dirgli che purtroppo non possiamo soddisfare le sue esigenze spesso importanti (perché non abbiamo possibilità economiche) è durissimo, e molte volte vuol dire non dormire la notte, avere delle ansie, preoccupazioni e cercare in tutti i modi di riuscire a far fronte a queste esigenze sociali che aumentano quotidianamente, tutto questo senza lamentarsi o piangendosi addosso, così da non sprecare tempo ed energie utili. Ciò che lei ha percepito come «lamentarsi» è la nostra paura di non riuscire a dare delle risposte e assolvere le necessità dei nostri cittadini. Sa che molte volte il nostro piccolo compenso viene utilizzato per pagare le bollette di coloro che non riescono a sostenere alcune spese?! Utilizziamo il nostro compenso perché non abbiamo soldi sufficienti su quei capitoli ci auto finanziamo: se è vero che con il Pnrr sono stati erogati tantissimi fondi, soprattutto su investimenti strutturali, per quanto riguarda altri aspetti, come il sociale, è ben diverso! Non possiamo utilizzare soldi destinati a opere come piste ciclabili, campi da calcio, sedi di protezioni civile ecc... per altri scopi, seppur nobili e in molti casi prioritari. Per questo quando diciamo che non riusciamo a far fronte alle esigenze sociali questo non è una lamentela; è un dato di fatto! Difficilmente ci sentirete lamentarci perché nessuno ci ha obbligato a fare i sindaci, nemmeno il medico me lo ha prescritto, è un modo come un altro di mettersi al servizio della comunità e a disposizione in prima persona per il bene del tuo territorio. È bellissimo poter fare questa esperienza perché ti permette di crescere in primis come uomo; lo dico sempre che poter fare l’amministratore è un onore perché ricevi di più di quello che dai. È ovvio che i pensieri e i problemi sono tanti, ma sono gli stessi che hanno molti di coloro che si trovano a ricoprire una carica istituzionale o ad avere un ruolo che implica un’importante responsabilità. Concludo con un ultima riflessione: la mia mamma mi ha se mpre detto che «il bel tacer non fu mai scritto» e concludeva dicendomi: «Cesare, a volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio» e non è una frase inventata dalla Marilena, ma da Oscar Wilde. Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni e i propri pensieri; è la fortuna di essere in democrazia, ma consiglio che prima sarebbe opportuno informarsi riguardo a ciò di cui si sta scrivendo.
Cesare Sambrici
Sindaco di Caino

Caro sindaco,

la passione trasuda in questa difesa per nulla d’ufficio e molto «di cuore». Le fa onore. Di nostro - volendo guardare sempre il positivo - rimarchiamo come da una critica sia sorta un’opportunità: quella di spiegarsi, di ribadire con forza le proprie ragioni. Un «dirsi le cose» che sta alla base di ciò che chiedeva anche il nostro lettore e che, al netto degli spigoli, è il quadrato della questione, cioè amministrare con quel che c’è, come farebbe il buon genitore e come fanno la stragrande maggioranza dei primi cittadini e cittadine nel nostro territorio. (g. bar.)

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