Lo Zooprofilattico era una gran bella realtà
Sono un veterinario che ha avuto l’onore di lavorare per 40 anni nell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Con l’orgoglio, io come la maggior parte dei dipendenti, di appartenere a una delle più prestigiose istituzioni veterinarie non solo d’Italia e d’Europa. Abbiamo contribuito a debellare l’Afta Epizootica, la Peste Suina Classica, la Pleuropolmonite Contagiosa dei bovini, a estirpare dagli allevamenti la Tubercolosi e la Brucellosi, dal territorio la Rabbia, dalle regioni la Malattia Vescicolare Suina e le ricorrenti epidemie di influenza aviaria. Abbiamo studiato e introdotto un servizio di assistenza alle aziende e un sistema di pagamento del latte a qualità che ha portato i nostri allevatori a produrre il miglior latte in Europa. Sono solo alcuni esempi che magari molti neppure ricordano, ma che hanno permesso di poter esportare i nostri formaggi e salumi nel mondo, producendo tutte le documentazioni necessarie ad aziende e autorità sanitarie nazionali ed estere. Abbiamo creato servizi, assistenza alle aziende, garanzie ai consumatori. L’Istituto era realmente il riferimento tecnico scientifico di Ministero, Regioni, veterinari pubblici e privati, dell’intero comparto agroalimentare. E la forza di quella organizzazione si basava su selezione, professionalità, partecipazione. E ovviamente direzione da parte di persone competenti, conoscitrici del settore agroalimentare, della zootecnia, cresciuti nell’Istituto e nella realtà. Oggi non è più così e dall’esterno, ma non con distacco, debbo dire che non si avverte più questa situazione. Dove è andato a finire quell’ente, quella organizzazione? Perché deve intervenire la Magistratura su fatti che, se provati, sono gravi e che comunque fanno parte di un corredo di conoscenze fin troppo note non solo all’interno dell’ente? I riscontri evidenziati dalla commissione anticorruzione delle due regioni, relativi a fatti non recenti e concomitanti alla corrente direzione, sono gravi e comunque emblematici di una conduzione dell’ente ormai da troppi anni non adeguata, più basata sulla coltivazione delle conoscenze personali che di quelle professionali, sul comandare piuttosto che sul dirigere. Non mi dilungo oltre e, come detto, la Magistratura farà il suo iter nei riguardi dei numerosi filoni di indagine. Ma i tempi saranno prevedibilmente lunghi e comunque non compatibili, così stando le cose, con la sopravvivenza dell’ente, a maggior ragione se incapace di investire, non in muri ma in servizi, quegli avanzi di amministrazione che costituiscono un indicatore di pessima gestione e incapacità di spesa, con il rischio peraltro di uno scontato decurtamento dei finanziamenti pubblici. Ma al di là del personale sentire, della cronaca giudiziaria mi ha colpito la notizia riportata dai giornali sull’ennesimo intervento in Istituto con sopralluogo dei Nas nei laboratori per l’analisi del latte finalizzato a verificare eventuali truffe e gestione clientelare delle analisi. Io non so quali sono i fatti sui quali sta indagando la Procura. Spero tuttavia che siano riferiti all’annullamento degli esami in caso di valori anomali. Infatti il prelievo del latte con cadenza quindicinali, talora settimanale, prevede che lo scostamento dei dati, in particolare del grasso e delle proteine, non siano superiori a una certa percentuale rispetto al dato precedente. In una settimana infatti, forti variazioni soprattutto di grasso, che tende a separarsi, sarebbero imputabili ad errori di prelievo. A garanzia del caseificio che deve utilizzare e pagare il latte, dell’allevatore che deve percepire il premio di qualità, del sistema generale dei controlli dato che in vigenza del sistema delle quote queste erano rapportate alla percentuale di grasso. Un sistema concordato in sede regionale (di Lombardia e di Emilia Romagna, poi recepito dalle altre regioni) sulla base degli accordi interprofessionali per la determinazione del prezzo del latte alla stalla e il pagamento del latte a qualità. Accordi fatti sulla base della Legge 88/1988 e da quella data operanti. L’accordo, del quale per altro sono testimone come redattore del protocollo tecnico, recita, «valutazione dei risultati: Le analisi i cui valori rilevassero nel latte di un fornitore una differenza, rispetto al valore dell’ultima analisi ritenuta valida inferiore a: ± 0.4 linee per il grasso: ± 0.2 linee per le proteine saranno ritenute valide». In tutti gli altri casi ivi compreso quello in cui venisse rilevata la presenza di sostanze inibenti, (determinate come da protocollo n° 6) il campione sarà annullato e dovrà essere ripetuta un’ ulteriore campionatura. Ecco, se questo fosse il problema, la Procura potrebbe rapidamente rivolgere tutta la sua attenzione alle indagini sui restanti numerosi filoni sui comportamenti che stanno proiettando una cattiva luce sull’ente. Contribuendo in tempi brevi a chiarire le cause del discredito di questo prestigioso istituto che deve comunque vedere in tempi altrettanto rapidi un intervento della politica e in particolare delle due Regioni responsabili della nomina di questa direzione.
// Paolo BoniSan Zeno Naviglio
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