Lettera di un figlio al padre: l’emozione che diventa lezione

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Sabato 12 settembre sono stata felicemente colpita da una lettera al vostro giornale: quella di Paulo Gandolfini. Mi ha molto commossa, davvero fino alle lacrime. Ma al di là della commozione, ha stimolato in me alcune riflessioni che desidero condividere con i lettori. Innanzitutto le parole di Paulo mi hanno dato l’impressione di entrare nel mondo dell’utopia: troppo bello per essere vero! Un figlio che si mette a scrivere parole di riconoscente amore al proprio padre! Da quando in qua? Certo non si tratta di lettere consuete. Forse anche perché un padre come quello di Paulo ha parecchie marce in più rispetto ai molto padri troppo assenti … All’inizio di un anno scolastico mi son detta che questo padre potrebbe essere un modello anche per ogni insegnante che si appresta a vivere un pezzo della sua vita intrecciata con quella di tanti giovani. Questi sono un grande mondo, sono pieni di risorse meravigliose, ma reduci anche da una pandemia improvvisa quanto deleteria. E con qualche problema in più, oltre ad una forma di insoddisfazione che preoccupa chi cerca il loro bene. Sarebbe bello che ogni ragazzo-studente, da domani e sempre, potesse trovare nei suoi insegnanti delle guide che li guardano con amore intelligente, con stima e rispetto profondo della loro specifica identità, dei loro limiti (per trasformarli in ricchezza), delle loro attitudini (anche quando sembrano discutibili o di poco conto!), liberi dai pregiudizi, mossi dalla ricerca del vero bene di persone spesso smarrite e senza ideali. Se poi trovassero educatori capaci di trasmettere anche i valori della vera fede in un Dio-Amore, l’unico capace di renderli felici, sarebbero davvero fortunati. E il mondo respirerebbe un’aria pulita, più serena e ricca di pace. Che meraviglia se alla fine dell’anno scolastico ogni studente potesse scrivere ai propri insegnanti una lettera come quella che Paulo ha scritto a suo padre! Io me lo auguro, e lo auguro di cuore a tutti i giovani che hanno varcato la soglia della scuola. Buona avventura, buon viaggio, ragazzi!

// Lettera firmata Gentile lettrice, chi le sta rispondendo è un padre cresciuto nella generazione che, si dice, ha provato non solo ad uccidere freudianamente i propri padri ma anche a negarne la figura stessa. Salvo poi scoprire, tardivamente, quanto sia arduo affrontare le sfide della vita «senza padri» e quanto difficile sia diventare a propria volta padri all’altezza dei figli e dei loro tempi. Le parole di Paulo e le riflessioni contenute in questa lettera sono un incoraggiamento a ciascun padre a non rinunciare ad esserlo. I figli li/ci guardano anche quando non ce ne accorgiamo. Ha il bellissimo titolo di «Portami ancora per mano» la raccolta di poesie in cui Camillo Sbarbaro ha inserito quegli intensi versi «Padre, se anche tu non fossi il mio padre, se anche fossi a me un estraneo, per te stesso egualmente t’amerei...». Ecco, un figlio o una figlia deve sentire in cuor suo che c’è sempre una mano paterna pronta ad accogliere la sua, e a un padre un figlio o una figlia non possono regalare una gioia più grande che quella di cercarne la mano. (g.c.)

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