L'eccidio nazista al Poligono
Mi permetto chiedere ospitalità sul suo Giornale perché desidererei portare un contributo personale per una completa lettura, a distanza di tanti anni, del barbaro eccidio compiuto dai tedeschi al poligono di tiro di Mompiano, che in modo doloroso segnò i giorni della liberazione della nostra città.
Negli anni di guerra con i miei genitori abitavo nelle immediate vicinanze del poligono, che consideravo mia seconda casa dove mi recavo spesso a giocare e per qualche tiro di «straforo».
Ho ancora vivo il ricordo di quando la mattina del 6 febbraio 1944, nel passare per recarmi a scuola, trovai la strada bloccata dalle guardie «repubblichine»; seppi poi che erano stati fucilati Astolfo Lunardi e Ermanno Margheriti ed il fatto mi impressionò. Lunardi frequentava, insieme a mio padre, il gruppo degli Uomini di Azione Cattolica della parrocchia di San Lorenzo, di cui era presidente, e proprio poco tempo prima ebbe a confidargli di essere spiato e tenuto sotto controllo dalla polizia fascista.
Nel 1945 avevo 15 anni. Il poligono era presidiato da alcuni militi in quanto punto strategico per la presenza dell'armeria. Il 26 aprile il poligono venne occupato da un gruppo di giovani partigiani; nella tarda mattinata essi giunsero trafelati a casa mia, riferendo di alcuni ufficiali tedeschi che, a bordo di una camionetta, si erano presentati con bandiera bianca alzata, ma purtroppo dall'interno del poligono era partito un colpo di fucile a cui era seguita una loro immediata inversione di marcia.
I partigiani, consci di avere compiuto un atto inconsulto, erano molto preoccupati e incerti sul da farsi. Mio padre e il prof. Ezio Martinelli (insegnante dell'Istituto Pastori sloggiato poco tempo prima dalla propria abitazione per far posto alle SS e da noi ospitato con tutta la sua famiglia, dietro ordine di requisizione) consigliarono loro di allontanarsi prendendo il sentiero che direttamente da casa nostra sale in Maddalena. Tra di loro c'erano alcuni giovani ex allievi del professore che gli chiesero consigli ed istruzioni sul maneggio delle armi.
Nel frattempo si stava consumando un tragico dramma: l'avremmo saputo solo più tardi quando a metà pomeriggio il sig. Mazzoleni, impaurito e ferito, si presentò al cancello di casa chiedendo soccorso. Intuimmo subito che era successo qualcosa di molto grave. Disse che i tedeschi avevano compiuto una strage, uccidendo tutti coloro che erano rimasti al poligono: sua moglie Teresa Gnutti zia dei Boccacci, la diciassettenne Lidia Boccacci con i genitori ed i quattro giovanissimi militi rimasti di presidio. Solo lui, ferito di striscio, si era miracolosamente salvato perché, caduto a terra, rimase sepolto sotto gli altri evitando in tal modo la furia barbarica dei nazisti che si erano accaniti contro le vittime colpendole ripetutamente alla testa col calcio dei fucili. Raccontò di essere rimasto immobile per alcune ore, rialzandosi solo quando ebbe la percezione, per il silenzio che regnava, che non ci fosse più anima viva.
Lo ospitammo e gli prestammo le prime cure cercando di tranquillizzarlo, anche se eravamo sconvolti. Il Mazzoleni ci disse che alcune vittime parevano dare ancora segni di vita: che fare allora? Non potevamo comunicare con nessuno in quanto privi di telefono ed eravamo timorosi a muoverci per l'eventuale presenza di tedeschi, una eventualità non infondata perché poi venimmo a sapere che prima di compiere la strage avevano perlustrato i dintorni e sottoposto a stretto interrogatorio la famiglia dei mezzadri delle Ancelle della Carità. Solo per puro caso non si diressero verso di noi, perché ci avrebbero sorpreso mentre, riuniti sotto una pergola del vigneto, stavamo confabulando con i partigiani.
Il prof. Martinelli prese in mano la situazione: decise che sarebbe andato al poligono, possibilmente accompagnato da una suora del vicino convento delle Ancelle della Carità. Le sue due figlie (giovani insegnanti, una di lettere presso la scuola delle Canossiane in Mompiano e l'altra, Gianna, di educazione fisica, delle quali conservo un bellissimo ricordo), si affiancarono al papà nella rischiosa spedizione, passando prima dal convento per chiedere alla Superiora di unirsi a loro. Non ci volle molto a convincere la suora che, decisa e risoluta, si mise in cammino in testa al gruppetto con il crocefisso alzato tra le mani, sfidando la proibizione del comando tedesco (lo apprendemmo dopo), per raggiungere il poligono. Purtroppo non poterono far altro che constatare la morte di tutti, dare l'ultimo saluto, recitare una preghiera ed impartire la benedizione.
Ci giunse più tardi voce che il comando tedesco, oltre alla proibizione di rimuovere i cadaveri, avesse minacciato di dirigere il tiro dell'artiglieria su Mompiano, cosa che fortunatamente non mise in atto.
Desidero spendere due parole per il prof. Martinelli che era conosciuto come persona integerrima, anche se di fede fascista; fu per un certo tempo comandante della Gil (Gioventù Italiana del Littorio) e lo ricordo quando, balilla, dovevo partecipare alle noiosissime adunate del sabato fascista. Insegnava lettere all'Istituto Tecnico Agrario della Pastori ed era molto apprezzato ed amato dai suoi allievi. Forse ancora oggi qualche suo vecchio ex allievo lo ricorderà. Quando nei giorni immediatamente successivi al 26 aprile fu fermato e riconosciuto ad un blocco stradale, alcuni partigiani ex allievi intervennero a suo favore per ottenerne l'immediato rilascio.
Non dimenticherò mai l'ammirevole coraggio delle sue figlie e della suora, della quale purtroppo non ricordo il nome.
Lo slancio e la determinazione che ebbero nell'affrontare questo doloroso pellegrinaggio di «amore» sta a dimostrare che l'altruismo e l'amore per il prossimo non hanno né limiti né confini. Questa è la vera libertà, libertà di amare, libertà dai condizionamenti, libertà dai pregiudizi, come mi insegnarono negli anni successivi alcuni maestri ed educatori che ebbi la fortuna di frequentare, Enzo Petrini, Gabriele Ferrari, Aldo Lucchese, Padre Luigi Rinaldini e Don Giacomo Vender, tutti usciti dall'esperienza «resistenziale».
Brescia ha intitolato alla famiglia Boccacci una via in Mompiano e ha dedicato a tutte le vittime una lapide all'interno del poligono, nella quale sono ricordati anche Astolfo Lunardi e Ermanno Margheriti, martiri della Resistenza.
Nei documenti storici o di cronaca ho mai visto invece citato il Mazzoleni, quasi un «redivivo». Spero di sbagliarmi, ma se così fosse, sono un po' rammaricato di questa, anche se involontaria, omissione.
Giovanni Scandolara
Brescia
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