L'amicizia di Berlusconi con Gheddafi
Con la tensione già parecchio alta fra Berlusconi e i finiani, non ci poteva essere occasione migliore per rinfocolare gli attacchi al cavaliere dello sbarco a Roma di Gheddafi. Il colonnello ci pensa già da solo a creare casini con il suo seguito di amazzoni e guardie del corpo. L'ultima volta che è atterrato nella capitale si è presentato con la foto dell'eroe della resistenza libica anti-italiana Omar al-Mukhtar appuntata sul petto, ha piantato una tenda a villa Pamphili, ha bloccato il traffico in centro, invitato (e pagato) vagonate di ragazze ad ascoltare le sue prediche sull'Islam e preso in giro Fini e D'Alema facendoli aspettare ore alla Camera. Ma questa volta oltre ai capricci del leader libico e alle accuse dei radicali, dell'opposizione e delle associazioni che difendono i diritti umani, il premier dovrà sopportare anche il dito alzato dei finiani. A rinfacciare a Silvio l'amicizia con il dittatore, che arriverà a Roma il 30 agosto, ieri infatti sono scesi in campo anche i fedelissimi del presidente della Camera. «Siete così convinti, cari pidiellini "moderati" - hanno scritto i guastatori di Farefuturo - che la rivoluzione liberale possa consumarsi sotto il tendone di Gheddafi?». Se i miliardi in ballo, fra autostrade e altri affari, sono parecchi, come in questo caso, è probabile di sì. Il premier quindi farà spallucce e anche questa volta accoglierà la guida della rivoluzione libica a braccia aperte. La Libia infatti ha recentemente comprato il 7% di Unicredit, una banca «padana"» per il Senatur, facendo arrabbiare i leghisti più bellicosi. Che ora hanno paura di perdere peso nell'istituto e intimano al cavaliere di intervenire. Ci mancava anche Gheddafi.
Andrea Delindati
Manerbio
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