La volpe Trump e il divario tra città e aree rurali
Lettere al direttore
AA
Ogni volta che si parla di degli Stati Uniti, i quotidiani italiani, con enfasi unita a sorpresa, si accorgono della forza di Trump sull’elettorato americano, arricchendo gli articoli con commenti sulla pericolosità, pazzia e posizioni antiglobaliste. Pochi si interrogano del perché di tale forza.
Mi collego a questa premessa per fare un parallelo tra quanto succede nella nostra provincia e nella nostra regione. Il divario dei servizi al pubblico tra città e provincia è diventato esponenziale negli ultimi 30 anni, dalla Val Sabbia alla città; dalla bassa orientale alla città ci si può muovere solo con veicoli privati. Parliamo di mobilità sostenibile, quando i servizi di trasporto pubblico (ad eccezione di quelli per gli studenti, quando disponibili) sono inutilizzabili su queste tratte. Vie di comunicazione sempre più intasate, realizzate decenni addietro, con nessun progetto di adeguamento.
Per la città di Brescia, oltre alla metropolitana costruita anche con le tasse versate da tutti allo Stato centrale, sono previste nuove linee di tram, sempre finanziate con decine di milioni di euro dallo Stato centrale. La linea dell’alta velocità, con investimenti di miliardi di euro, serve a collegare solo le città principali. La mobilità pubblica locale non è nemmeno considerata. La 45 bis è intasata, con incidenti e morti: non vengono finanziate nemmeno opere di pochi milioni di euro che potrebbero risolvere alcune criticità legate a svincoli obsoleti. E si potrebbe continuare con decine di esempi.
Sarò banale, ma troppi si dimenticano che l’industria manifatturiera e l’agricoltura, che fanno ricca la nostra provincia, sono da sempre il volano dei servizi, concentrati nelle città, dove i cittadini possono usufruire di mobilità pubblica sostenibile (e di un sostegno finanziario pubblico annuale doppio rispetto alla media delle province), nonché di una serie di altri servizi (tra cui la sanità) a «portata di mano»; al di fuori dell’hinterland la mobilità pubblica è per molti inesistente, sebbene buona parte dei servizi siano finanziati da Iva e accise sui combustibili fossili.
Non sbaglio di molto dicendo che nella nostra provincia il 35% degli abitanti gode di servizi di mobilità (coperti al 70% dal finanziamento pubblico), grazie alle accise versate dal restante 65%, ogni qualvolta che deve muoversi con mezzo privato per la mancanza di alternative.
Gli Stati Uniti ci hanno preceduto con questa trasformazione: da una parte grandi centri urbani, in cui si concentrano tutti i servizi con politici che si arrogano di istruire sullo stile di vita, introducendo di continuo nuove regole fatte dal punto di vista della poltrona sui cui sono seduti (ad esempio, sulle automobili da usare...) dall’altra i centri minori e le campagne, che stanchi di questa situazione devono necessariamente mettersi nelle mani di Trump.
Giuliano Ghirardi
Carpenedolo
Caro Giuliano, il divario tra aree rurali e città è davvero sempre più ampio, come conferma il rapporto sulla «Qualità della vita» presentata dal nostro Giornale ieri l’altro. Una differenza sostanziale, che penalizza ampie fasce di popolazione, anche in tema di mobilità, con un modello di trasporto pubblico accettabile nei capoluoghi ma assolutamente inadeguato per chi abita in valle, in montagna e pure in molti paesi della pianura.
Inutile nascondersi dietro un dito: è l’intero sistema che va ripensato, scrollandosi di dosso qualsiasi ideologia e scegliendo un approccio pragmatico. Che poi queste tematiche siano appannaggio di una parte politica che definire populista è fare ad essa un complimento, costituisce una contraddizione e un paradosso. Primo perché l’uguaglianza dovrebbe stare a cuore per prima alla sinistra, che invece per incapacità, scelta o distrazione, non lo intercetta affatto. Secondo poiché tutti i Trump di questo mondo raccolgono sì consenso scuotendo l’albero dell’indignazione, ma ad essere onesti somigliano molto alla volpe tanto astuta da ottenere la fiducia dal pollaio. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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