La signora Rosa paga caro il prezzo della generosità

Lettere al direttore
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Vorrei rendere nota una vicenda alla quale ho assistito come testimone, in quanto la parte direttamente interessata è la zia di mia moglie pensionata Inail poiché invalida al 100%, oggi ultraottantenne.

La signora Rosa (cito solo il nome per ovvi motivi di riservatezza) nell’anno 1999 ha ottenuto un appartamento in locazione, grazie all’intervento dei servizi sociali del Comune, in regime di canone convenzionato in quanto la stessa non aveva altro sostentamento che quello fornito dalla pensione di invalidità e dalla esigua pensione sociale.

Dopo la sottoscrizione del contratto la signora Rosa si è trasferita nell’appartamento con il proprio compagno, separato dalla moglie e proprietario di un immobile nel quale è rimasta a vivere la ex moglie separata.

Nell’anno 2007 il contratto di locazione è giunto a termine e la Cooperativa proprietaria dell’immobile locato a Rosa ha annunciato di volere procedere alla vendita e non più alla locazione quindi Rosa si è trovata a dover compiere una scelta difficile, ovvero lasciare la propria casa, in regime locativo convenzionato, o acquistarla senza, però, avere la disponibilità economica sufficiente.

A questo punto il convivente, che per gli 8 anni precedenti era stato ospite nell’immobile senza sborsare alcunché in quanto Rosa provvedeva al pagamento di tutte le spese comprese le utenze ed il canone locatizio, ha ritenuto giusto contribuire all’acquisto (anche per ovvio interesse proprio in quanto diversamente avrebbe dovuto uscire di casa pure lui) con la somma di euro 30.000,00 anche al fine di sdebitarsi per quanto ricevuto.

Il figlio del convivente (che qualche anno dopo è divenuto anche amministratore di sostegno del padre), ha provveduto, quindi, a consegnare a Rosa 2 assegni dell’importo di euro 15.000,00 ciascuno senza obbiettare alcunché e senza pretendere nessun accordo scritto, poiché si trattava di un regalo.

In seguito all’acquisto dell’immobile la convivenza tra Rosa ed il compagno è continuata fino al 2015, ovvero fino a quando quest’ultimo, oggi deceduto, ammalato gravemente di Alzheimer è stato ricoverato in una struttura adeguata.

Pochi mesi dopo il ricovero del compagno di Rosa, il figlio di quest’ultimo le ha chiesto la restituzione della somma di 30.000 euro, asserendo che si sarebbe trattato di un prestito e non di una dazione gratuita a titolo remuneratorio.

Rosa, incredula, ha ricordato al figlio del proprio compagno, ormai incapace di intendere e volere, i fatti dei quali lo stesso era stato testimone oltre che protagonista, ma senza successo perché costui (che, si ricorda, negli ultimi anni precedenti al 2015 era stato anche amministratore di sostegno del padre, senza sollevare alcun problema in merito alla donazione che egli stesso aveva provveduto ad elargire a Rosa anni prima) ha promosso una causa civile che lo ha visto vittorioso in primo grado e pure in grado di appello dove le parti sono giunte in quanto Rosa, ritenendo profondamente ingiusto disattendere le volontà del proprio compagno, ha resistito fino alla condanna in appello (oggi Rosa deve

restituire la somma di 30.000,00 euro oltre alle spese legali per un totale che supera i 60.000,00 vedendosi costretta a vendere la propria casa per pagare e a vivere gli ultimi anni della propria vita da parenti).

I giudici hanno accolto, in sostanza, la tesi della donazione (che la stessa Rosa, interpellata, ha confermato in sede giudiziale), ma hanno dato ragione al figlio del compagno, condannandola alla restituzione perché nel nostro sistema giuridico la donazione, tranne che sia di modica entità, deve essere fatta per atto pubblico, ovvero non basta che una persona anziana, per aiutare e gratificare la propria convivente (e anche a proprio vantaggio, non si dimentichi, in quanto la convivenza è proseguita per 8 anni dopo l’acquisto ed il convivente ne ha beneficiato abitando nell’immobile), le dia materialmente una somma dimostrando il proprio amore e riconoscenza, ma occorre che sia a conoscenza della normativa sulla donazione e che prenda appuntamento da un notaio con, conseguente, aggravio di spese e di adempimenti, diversamente tale donazione può essere dichiarata nulla.

Nel caso specifico i giudici, pur qualificando, correttamente la dazione della somma come donazione remuneratoria, hanno valutato che rapportata al patrimonio del convivente (che, all’epoca, constava di circa 80.000,00 euro di liquidi ed un immobile di proprietà, oltre ad una pensione mensile superiore ai 1.000,00 euro), non rientrasse nel concetto di modico valore che avrebbe consentito di superare la formalità dell’atto pubblico e hanno dichiarato nulla la donazione condannando Rosa a rifondere tutte le spese del giudizio (almeno in questa fase avrebbero potuto considerare la situazione compensandole parzialmente).

Questa impostazione non è condivisibile, ma soprattutto si traduce in un caso di denegata giustizia sostanziale ed in una occasione mancata di adattare la fredda e sterile normativa ad una storia, fatta di amore, comprensione e generosità che ha come protagonisti persone semplici che di legge sanno poco o nulla, ma in fatto di buon senso e sentimenti potrebbero dare lezione a molti.

Al di là delle considerazioni morali in merito alle persone coinvolte nella vicenda, che non mi competono, ritengo che sia stata commessa una ingiustizia e non posso condividere le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado che, pure ineccepibili dal punto di vista legale e formale (così mi dicono), hanno di fatto trasformato un atto d’amore e di riconoscenza in una questione freddamente burocratica costringendo conseguentemente una signora ultraottantenne e malata (invalida 100%) ad uscire dalla propria casa ed affrontare un futuro incerto disattendendo, di fatto, le intenzioni e la volontà del suo affezionato compagno.
Fabrizio Chiodelli
Cellatica

Caro Fabrizio,

la sua non è una semplice lettera, bensì un racconto che incrina tutte le nostre convinzioni di fiducia nell’umanità e di premio per chi agisce con generosità e disinteresse, senza misurare con il bilancino o con il codice civile alla mano ogni azione.

È vero, un conto è la legge, un altro il sentimento di riconoscenza, pietà, comprensione, tuttavia il prezzo che la signora è costretta a pagare è salatissimo e non ci stupiremmo se ad uscirne minata fosse la sua salute. Altro non abbiamo da aggiungere, se non la nostra costernazione e un abbraccio fortissimo a Rosa, confidando che dopo averne passate tante superi anche questa, senza perdere il sorriso, alla faccia di chi le vuole male. (g. bar.)

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