La nostra esperienza di affido familiare ai tempi del Covid-19
È da giorni che penso di scrivervi per raccontare una breve storia di quarantena. Una storia anche di coraggio, sia pur piccolo se confrontato a ciò che i nostri medici e operatori della sanità stanno facendo per tutti noi. Lo spunto è nato quando all’inizio di questa quarantena generale circolavano ironie sui social di chi si trovava all’improvviso rinchiuso dentro casa con dei perfetti sconosciuti: coniugi e figli! Beh! Quello che sta accadendo alla mia famiglia in un certo senso è proprio questo. Io e mia moglie siamo diventati genitori affidatari da qualche mese. Non abbiamo figli e siamo alla prima esperienza di affido. Il percorso che ci ha portato ad occuparci del nostro bimbo, chiamiamolo Hanry D. (come il supereroe di un telefilm), non è stato affatto facile, ma siamo stati egregiamente e costantemente sostenuti dalla struttura dei servizi sociali. Far recuperare la serenità e l’infanzia ad un bimbo di circa 7 anni, dopo un’esperienza di vita familiare «complicata», ci è sembrata davvero un’impresa e ci siamo sentiti un po’ come se stessimo partendo per una missione in Africa! In questo progetto, la scuola, le attività sportive, le attività ricreative di ogni genere, le nuove amicizie, ci stavano dando un contributo fondamentale. La nuova quotidianità di Hanry D. costantemente intervallata dagli incontri con la psicologa, dagli incontri protetti con i genitori e tra i fratellini, stavano, anche se a fatica, restituendo al nostro Hanry D. un’immagine più serena della sua famiglia che, sia pur «sgangherata», nessuno potrà (e dovrà) mai portargli via. A fatica e con coraggio abbiamo deciso di mantenerci il più possibile neutrali, di astrarci e di non giudicare la condotta dei suoi genitori. Ma il nostro coraggio è poca cosa se paragonato a quello con cui Hanry D. ha affrontato le peripezie della sua breve infanzia e al coraggio con cui dovrà affrontare la vita! Il coraggio di stare rinchiuso 24 ore in casa con due «quasi» sconosciuti, senza la compagnia di altri bimbi, con la nostalgia dei propri cari, senza neanche la valvola di sfogo dell’incontro con la psicologa; al tempo del coronavirus, allora, non è forse un privilegio essere genitori affidatari di Hanry D.? Tra smart working, compiti on-line e le rare uscite da casa, non è che siamo noi ad affidarci a lui in questa lunga quarantena? Scrivo al giornale, abbiamo bisogno più che mai della nostra valvola di sfogo; vorrei che questo momento sia fotografato e ne rimanga vivo il ricordo, sarà importante per Hanry D., in un futuro ancora non delineato, quando si ricongiungerà ai suoi cari o vivrà la propria vita (purtroppo per noi così dovrà essere!), sapere che in un momento grigio come questo è stato per noi un privilegio essere suoi genitori affidatari, che è stato coraggioso a stare in quarantena con noi, a capire che non si può uscire di casa, che nei suoi momenti di rabbia furiosa è stato coraggioso ad abbracciarci e chiederci scusa e nei momenti di tristezza per la mancanza della sua mamma è stato coraggioso a lasciarsi coccolare ed accudire da noi. Facile pensare che non poteva esserci momento peggiore per fare un’esperienza di affido; ma la nostra scelta di accogliere, forse, non poteva esserci ripagata meglio di così. Dal coraggio di Hanry D stiamo prendendo tutta l’energia per scorgere dei raggi di sole anche in queste lunghe giornate grigie! Spero che questa riflessione sia pubblicata, non solo per Hanry D. ma anche per la straordinaria tenacia di mia moglie e delle mamme affidatarie che in un momento critico per tutte le famiglie hanno aperto il proprio cuore per amare ed accogliere le fragilità altrui.
// G. M. da Brescia Gentile lettore, è comprensibile, nella relativa solitudine in cui siamo costretti a vivere oggi, la necessità di comunicare e condividere questa esperienza straordinaria, proprio fuori dall’ordinario (sia perché l’affido familiare oggi è sì pratica diffusa ma ancora non così comune, sia perché essa si sta consumando in un tempo senza precedenti). Mai come in questo caso un passaggio critico della nostra convivenza può rivelarsi per voi un’inattesa opportunità: quella di un contesto dove non manca il tempo da attraversare insieme. Può essere un rischio la convivenza forzata, certo. Ma le circostanze in cui questo passaggio dell’affido avviene, possono anche trasformare la fase di «affiatamento» reciproco in un momento straordinario, capace di oscurare per voi ed Harry D., con il passare del tempo, i ricordi dolorosi e le fatiche legati a questa emergenza. Congratulazioni per la generosità e la determinazione. E in bocca al lupo. (g.c.)Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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