La fatica di un figlio e la gratitudine per la sua docente

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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A fine anno scolastico mi sento in dovere di mettere in risalto la figura di un’insegnante che mio figlio ha avuto la fortuna di incontrare. Sento di avere un debito morale con questa docente: la professoressa di matematica, Caterina Bettoni. Mio figlio ha frequentato la prima liceo non con poche difficoltà. Il cambio epocale, il suo carattere, la sua indole, tanti fattori che hanno portato ad un anno scolastico pieno di insuccessi e di fatiche sia da parte mia che di mio figlio. Ho trovato nella professoressa Bettoni, oltre che ad un’ottima insegnante dal punto di vista puramente didattico, una persona ed un’educatrice straordinaria. Ho colto in mio figlio il desiderio di impegnarsi nel capire la sua materia, nonostante le enormi fatiche, mi creda, perché sentiva di avere la responsabilità di portare a termine l’impegno preso nei confronti della sua insegnante. Lei ha creduto in mio figlio, nelle sue capacità e nella sua possibilità di «riscatto», nonostante l’inizio pessimo. Riscatto che non per forza significa promozione, ma impegno fino alla fine, nonostante, ripeto, i continui insuccessi. Lui ha visto la sua autorevolezza e credibilità, certamente non riuscendo a dare un nome ed una forma a queste qualità, ma muovendosi nella direzione che l’insegnante in questo modo voleva dare. Mi commuovo di fronte ad una forma di rispetto e di educazione tale. I ragazzi hanno bisogno di rispetto, soprattutto in questa fase della loro vita e la professoressa Bettoni è stata impeccabile in questo suo ruolo educativo. Severa, rispettosa e rispettabile. La mia fatica nel riuscire a dare fiducia in mio figlio l’ha colmata questa insegnante. Ha avuto la capacità non indifferente di aiutare chi era in difficoltà nel credere in se stesso e nelle sue capacità. Una frase di don Bosco mi ha sempre colpita e vorrei diventasse mia. Questo pensiero l’ho visto prendere forma nella professoressa Bettoni: «Non agitazione nell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, e allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione». Io, nostalgica di Don Milani, ho potuto credere in una scuola diversa da quella che con altri insegnanti credevo ormai tramontata. Per fortuna i ragazzi sanno riconoscere le persone per il loro vero valore. Ringrazio la professoressa di cuore, come mamma di un ragazzo che secondo i più non ce l’ha fatta, ma che ai miei occhi si è dimostrato serio fino alla fine.
Lettera firmata

Carissima,

la sua lettera fa il paio con quella che abbiamo pubblicato quattro giorni fa. Entrambe raccontano le difficoltà scolastiche di un figlio, entrambe esprimono tutto l’amore, la tenerezza di un genitore che protegge la propria creatura, rivelando una verità: il valore di un ragazzo va ben al di là di un voto, dell’esito di un anno di scuola.

Una differenza sostanziale invece è rappresentata dal giudizio sul corpo docente. In quel caso si avvertiva tutto lo sdegno, la rabbia, per chi non è riconosciuto come «buon maestro» innanzi tutto di vita, ma in ultima analisi anche della propria materia. Nel suo caso, al contrario, un’insegnante viene lodata, perché si è dimostrata «autorevole e credibile».

Brava allora alla professoressa Bettoni, portatrice sana - e in buona compagnia - di quella sorta di sacerdozio laico ch’è l’insegnamento d’una materia. Se fosse stata la nostra professoressa probabilmente avremmo apprezzato anche noi la matematica. (g. bar.)

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