La crisi climatica va contrastata Facciamolo insieme

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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La crisi climatica è oramai negli occhi di tutti. Frutto di ricerche avviate decenni or sono, inizialmente con modelli grossolani rispetto a ciò di cui disponiamo ora, le previsioni sugli effetti dei cambiamenti climatici si stanno avverando tutte: l’aumento delle temperature, l’intensificarsi degli eventi estremi e la loro maggiore frequenza, la perdita di biodiversità, il mar Mediterraneo hotspot delle trasformazioni climatiche.

Avendo seguito con interesse le lettere e le risposte pubblicate dal vostro giornale su questo tema negli ultimi giorni, riteniamo opportuno evidenziare alcuni elementi, anche per provare a trovare insieme un vocabolario comune nell’uso di alcuni termini. Il metodo scientifico esiste da decenni, da secoli e perfino Albert Einstein, una delle menti più brillanti della storia, cambiò più volte idea sulla natura dell’universo. Nel 1917 Einstein applicò all’universo la teoria della relatività generale, che aveva sviluppato, derivando un modello di universo statico su cui poi cambiò idea nel 1931, grazie anche alle osservazioni sperimentali di Hubble, e concluse che l’universo si stava espandendo.

Questo caso, emblematico quanto ricorrente, ci mostra come non esista il principio di autorità in ambito scientifico: puoi essere anche Albert Einstein ma se la teoria non sta in piedi empiricamente o arrivano altri con idee più solide la comunità scientifica discute e ne trae le conseguenze, senza alcun atteggiamento dogmatico. Il consenso scientifico non si basa né sull’autorità di chi parla, né su idee preconcette. Un ottimo indicatore della robustezza di affermazioni scientifiche sono le pubblicazioni su uno specifico argomento: quante supportano un’idea, una teoria, e quante ne sostengono altre. La scelta di pubblicare un lavoro critico su una teoria consolidata passa dalle mani di revisori specialisti, il più delle volte protetti da anonimato, che valutano la fondatezza delle affermazioni fatte, e dal giudizio del direttore (editor) della rivista, tutte persone esperte del settore.

Se guardiamo alle pubblicazioni sui cambiamenti climatici, ci sono diversi studi indipendenti effettuati per valutare, mediante le pubblicazioni scientifiche, quale sia il consenso scientifico sull’origine antropogenica. Oltre alle rassegne dell’evidenza scientifica contenute nei 6 Rapporti dell’Ipcc, citiamo ad esempio Lynas et al. (Greater than 99% consensus on human caused climate change in the peer-reviewed scientific literature, Environ. Res. Lett. 16 114005), che nel 2021 considera un database di ben 88.215 articoli sui cambiamenti climatici. Nella loro analisi gli autori stimano un consenso scientifico superiore al 99,9% per l’attribuzione antropica dei cambiamenti climatici e individuano solamente 31 pubblicazioni contrarie ad essa. Gli autori concludono che non c’è più, di fatto, dibattito sulle cause antropiche dei cambiamenti climatici, dovuti all’incremento di gas serra nell’atmosfera, perché nel dibattito scientifico questa ormai è una realtà assodata, come la tettonica a placche o l’evoluzione. Il ridotti

ssimo numero di articoli in disaccordo con questo consenso scientifico è dovuto anche all’incapacità di fornire prove convincenti in grado di confutare questo stesso consenso.

Seminare dubbi ascientifici o dare spazio a informazioni distorte sui cambiamenti climatici equivale a negare i loro tragici effetti. Pensiero critico non vuol dire dubitare sempre e di qualunque cosa. Ci si può senz’altro dividere sulle strategie per ridurre le emissioni climalteranti, soprattutto perché nemmeno i loro effetti sono neutri dal punto di vista redistributivo. Confondere però politica e scienza, oltre che anacronistico, oggi più che mai suona intellettualmente disonesto.
Angelo Finco e Carmine Trecroci

Carissimi,

cominciamo con il dire che siamo dalla stessa parte. Davvero. La «parte» delle zero emissioni, della lotta all’inquinamento, della sensibilità ambientale, del rispetto della natura, del mondo da custodire e lasciare in eredità ai nostri figli e non da consumare e rovinare a nostro danno.

Riconoscersi reciprocamente tale buona fede è la premessa per comprendersi e aiutarci l’un l’altro a capire, che poi è la funzione d’un giornale, senza che porre un quesito o sollevare un dubbio equivalga ad essere bollati come «negazionisti» da un lato o «integralisti» dall’altro.

Premesso questo, poche righe non sono sufficienti per esaurire il dibattito su un argomento così vasto e complesso. Ottima invece l’idea di «trovare un vocabolario comune».

Cominciando dal metodo scientifico, che non riconosce «il principio di autorità», sottoponendo le teorie alla realtà e non viceversa. «Scientifico» è ciò che si può «provare» (per questo i «modelli previsionali», pur essendo sempre più raffinati e attendibili, restano sempre «modelli» e non verità acclarate). Così pure non possono esserci dubbi su «riscaldamento globale» (le temperature del pianeta si stanno alzando e ad una velocità preoccupante rispetto a variazioni passate) e sulla necessità di ridurre le «emissioni climalteranti».

Concordare su queste basi è fondamentale, per cui raccogliamo lo sprone che ci date, sottoscrivendo appieno la vostra conclusione («confondere scienza e politica è disonesto») e aggiungendo che lo sarebbe ancora di più piegare entrambe - politica e scienza- agli interessi della grande finanza. Avanti tutta, dunque. Insieme. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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