La benzina rincara e il governo sospende anche il cashback

Siamo al paradosso. Giovedì 1° luglio ho aperto il GdB e, nella pagina economica, leggo che l’aumento della benzina peserà sulle tasche degli italiani per 270,00 euro. Fatto ritenuto scandaloso. Questo mi ha portato con la mente alla giornata precedente e rammentare che, con grande felicità di molti politici e operatori economici, il Cashback è stato sospeso. 300,00 euro, che avrebbero potuto entrare nelle tasche degli italiani andati in fumo. Non è anche questo scandaloso? Motivo addotto, forse non solo questo, è quello che ad avvantaggiarsene sarebbero più i ricchi che i poveri. La mia convinzione era che ai ricchi quei 300,00 euro annuali interessassero poco e che a volerne usufruire sarebbero stati proprio i «poveri». Evidentemente mi sbagliavo. A questo punto mi viene voglia di capire il motivo per cui il cashback era stato introdotto. Se non erro lo scopo era quello di indirizzare gli italiani a pagare i loro acquisti in maniera tracciabile nel tentativo di far emergere il cronico «nero» di cui gli italiani sono maestri. Tutti sappiamo che l’evasione fiscale in Italia è enorme e che la tassazione, grazie a quella evasione, è altissima. Tutti sappiamo che se le tasse le pagassero tutti, queste potrebbero essere abbassate e tutti vorremmo che le tasse vengano abbassate. Tutti tranne chi fa il «nero» che, non pagandole, non gliene frega proprio niente e, purtroppo, sono tanti. Ricordo che molti di coloro che ora gioiscono per la sospensione del cashback, tempo addietro sostenevano, evidentemente solo a parole, essere il «conflitto di interesse» tra venditore e acquirente, una delle soluzioni al problema fiscale. L’idea era: se lo Stato, in fase di dichiarazione dei redditi, permettesse di detrarre parte della costo di ogni cosa acquistata, questo invoglierebbe l’acquirente a chiedere lo scontrino o la fattura. Sbaglio o il cashback, anche se in maniera blanda, rispecchia in parte quel principio? Forse era solo un inizio e poca cosa, ma pur sempre meglio che niente. Se i 300,00 euro fossero stati di più, il provvedimento si sarebbe avvicinato in maniera maggiore al «conflitto di interesse». Io, al mio dentista come pure a chi mi ha riparato la lavatrice e a chi mi ha sistemato la caldaia la fattura l’avrei chiesta ugualmente ma, sapendo di recuperare qualcosa, l’ho chiesta ancora più volentieri. A fine anno anziché 150 di euro ne avrei sommati 300 e, credetemi, non ci avrei sputato sopra. Magari con quelli avrei in parte pareggiato l’aumento della benzina. Ma, come ben si sa, in Italia si cambia tutto per non cambiare niente e le stesse persone possono valutare provvedimenti simili utili, inutili e perfino dannosi a secondo della convenienza politica del momento. In fondo in fondo, cosa possiamo pretendere da chi predica in tutte le salse che lo Stato dovrebbe dare sempre di più e poi pretende una tassazione uguale per tutti, ricchi e poveri?
// Marino LonghiPoncarale
Gentile lettore, il varo dell’operazione cashback deciso dal governo Conte fin dall’inizio qualche perplessità l’aveva sollevata, anche se voluta come incentivo per l’uso di carte elettroniche per i pagamenti al fine di facilitarne la tracciabilità fiscale. Ora però qualche perplessità la solleva anche la decisione perentoria di Draghi di sospendere (eufemismo, perché difficilmente sarà ripristinato) il cashback, anche se motivata dalla urgente necessità di dirottare risorse al fondo degli ammortizzatori sociali. A motivare le possibili perplessità in questo caso, non sono le finalità della scelta quanto le modalità: cioè, il fatto che lo Stato «rompe» in corso d’opera una sorta di patto proposto ai cittadini per un anno con tanto di campagna pubblicitaria. Spero solo che questo non allarghi ancora il fossato di sfiducia tra cittadini e Stato. (g.c.)
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