Israele e Palestina Soltanto la pace sconfigge i conflitti

Lettere al direttore
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L a «guerra» di Israele contro la Palestina, una tragedia che ci avrebbe voluto spettatrici e spettatori silenti, o tutte e tutti ciecamente arruolati da una parte a prescindere dalle ragioni e dai torti, dal contesto storico e dalle responsabilità, oggi, nel tacere delle armi, si presenta nella sua grave irrimediabile inutilità. Dopo decine di migliaia di morti, dopo l’insopportabile distruzione e sofferenza provocata a popolazioni inermi, dopo lo sperpero di risorse distolte dalla risposta ai bisogni sociali e impegnate nell’uccidere, nel mutilare e nel distruggere, la domanda, sebbene oggi aggravata dall’odio che questa «guerra» crudele, improponibile, asimmetrica e sproporzionata - ammesso che una guerra possa presentarsi diversamente - ha alimentato, è sempre la stessa: «Cosa necessita agli israeliani e ai palestinesi per convivere in pace? Quali passi, quali scelte?». Ora, alcune risposte premono sulla punta della lingua. Tuttavia sarebbe importante prima di esprimersi, mettersi in ascolto di chi - e sono tante e tanti - da tempo e ben prima del 7 ottobre, ha continuato pur nelle subentrate difficoltà, a praticare la pace, nella Striscia e nei territori occupati, oltraggiati e sacrificati dalle decisioni di pochi, vecchi detentori di potere, sostenuti da un tremendo consenso. Della violenza e dell’offesa praticata sistematicamente sulla popolazione palestinese con una occupazione coloniale ingiustificabile per un qualsivoglia Paese che intenda definirsi democratico, sono stata testimone. Alla Palestina mi legano gli affetti di persone care, i tanti volti che ho incontrato, le città che ho visitato, la resistenza pacifica alla sopraffazione che ho respirato, l’amore per la Terra che abitiamo che, là, ho riconosciuto. Là, dove l’aridità non è prodotta dall’inquinamento, ma dai tanti divieti imposti all’accesso all’acqua. Una Terra resa povera dalla distruzione e dalle ruberie dei coloni armati fino ai denti sotto la protezione dell’esercito, ben decisi ad espandersi sulla pelle dei palestinesi, privati di tutto, compresi i nomi delle vie che portano alle loro città e villaggi. Robi Damelin, israeliana, e Layla al Sheck, palestinese, invitate a Brescia da donne in cammino per la pace, come Bassam Aramin e Rami Elhanan, venuti dopo, di Circle of Parents, associazione che riunisce i parenti delle vittime dell’occupazione israeliana in Palestina, negli incontri dove hanno portato il racconto della loro tragica esperienza, ci hanno ripetuto forte e chiaro: «Se la soluzione non è nelle vostre mani, non esportate il nostro conflitto! In altri termini non schieratevi, con gli uni o con gli altri». Schieratevi - aggiungo io - contro la guerra come soluzione dei conflitti. Conflitti che, è dimostrato, la guerra, non fa che alimentare. Schieratevi da parte della pace, un processo che salva la vita, che chiede intelligenza, creatività, vigilanza, impegno e lotta. Tanto più nel nostro Paese, dove già il nostro Governo ha «promesso» impunità a coloro che, secondo il diritto internazionale, si sono macchiati di crimini contr o l’umanità. Un Governo che, mentre investe ingenti risorse sugli armamenti ignorando la realtà dell’impoverimento in atto, nulla muove avverso la produzione di armi e promuove decreti sicurezza con l’obiettivo di intimorire, di perseguire coloro che lottano dentro l’orizzonte costituzionalmente riconosciuto della dialettica e delle libertà democratiche. È in questa mutata cornice dove insistono rigurgiti fascisti che la lotta di contrasto non può limitarsi alla ripetizione di formule e pratiche politiche sperimentate in passato, ma deve farsi più lucida e lungimirante. Non può ridursi al gioco di pochi, ad iniziative di rincorsa, come se fossimo di fronte ad una opzione in conflitto con un’altra. In gioco c’è la libera, civile e comune convivenza, la messa al bando della guerra. Questa prospettiva chiede uno scatto in avanti. Chiede, in primis di avere a cuore i rapporti che ci animano, sia di carattere personale, sociale e politico, chiede di ricercare alleanze locali, nazionali e internazionali, evitando sterili protagonismi o schieramenti, che altro non fanno se non favorire visibilità e spazio - quando non consenso - ai tanti/pochi oscurantisti che premono ovunque si guardi .
Oriella Savoldi C

ara Oriella,

sottoscriviamo. In pieno. Perciò non aggiungiamo nulla, se non questo: nessuna guerra è sconfitta da un’altra guerra, soltanto la pace - costruita, come scrive lei, attraverso rapporti umani e alleanze - può farlo. Cominciando senza andare lontano, da qui, da noi, da Brescia, rammentando e rinnovando una vocazione già testimoniata in passato. (g. bar.)

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