Io, docente e papà, dico no ai compiti durante le vacanze

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA


Complimenti! Cari colleghi docenti, anche quest’anno siete riusciti a rovinare le vacanze a milioni di studenti e milioni di famiglie!

Il termine «vacanza» deriva dal latino

vacantia,

che indica uno stato di vuoto o inattività. Oggi, questa parola rappresenta un periodo di sospensione delle attività lavorative o scolastiche, dedicato al riposo e al recupero delle energie. Secondo il vocabolario Treccani, si tratta di un intervallo destinato al riposo, in cui scuole e uffici rimangono chiusi.

La Costituzione Italiana, all’articolo 36, sancisce chiaramente il diritto al riposo: «Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi». Questo principio fondamentale evidenzia come il riposo sia un diritto inalienabile per garantire un’esistenza dignitosa e una salute psicofisica equilibrata. Durante le vacanze, tutti i lavoratori, compresi gli insegnanti, non sono obbligati a svolgere alcuna attività lavorativa. Allora perché questa regola non viene applicata anche agli studenti?

Assegnare compiti durante le vacanze scolastiche è, di fatto, una violazione del principio costituzionale che tutela il diritto al riposo. Gli studenti, al pari dei lavoratori, necessitano di momenti di distacco dalle attività quotidiane per rigenerarsi e affrontare al meglio le sfide successive. Costringerli a lavorare durante un periodo che dovrebbe essere dedicato al recupero rappresenta un abuso di potere che affonda le sue radici in una tradizione obsoleta e priva di basi scientifiche.

In molti Paesi del mondo, come la Finlandia o i Paesi Bassi, gli studenti non ricevono compiti durante le vacanze, eppure questi sistemi scolastici sono noti per i loro eccellenti risultati. Ciò dimostra che il carico di lavoro extrascolastico non è necessario per garantire una buona preparazione accademica. Anzi, l’assenza di pause adeguate rischia di generare stress, affaticamento cronico e un deterioramento della salute mentale, come dimostrano numerosi studi.

Dirigenti scolastici e il Ministero dell’istruzione sono complici di questo abuso che va contro il dettato costituzionale. Continuare a imporre compiti durante le vacanze perpetua un sistema che non rispetta né la dignità né il benessere degli studenti. È tempo di adeguarsi ai principi di diritto e di seguire l’esempio di altri stati, ponendo fine a questa pratica anacronistica. Promuovere un’educazione equilibrata, che rispetti i diritti e il benessere psicofisico degli studenti, è non solo un dovere morale, ma anche un obbligo costituzionale!
Un docente e genitore

C

arissimo,

lei pretende che ci consegniamo mani e piedi in pasto ai leoni.

Affrontare argomenti così infatti significa sempre scontentare qualcuno. Nello specifico, i genitori moderni, che vedono nei compiti a casa un intralcio oppure i vecchi docenti, che «i compiti a casa si fanno e basta», che già è una generazione di scansafatiche e scioperati a iosa.

Se proprio proprio dovessimo dire la nostra, tirati per la giacca daremmo ragione non tanto ai papà e alle mamme, quanto ai ragazzi, a cui già riempiamo la vita di attività extra (calcio, pallavolo, cavallo, pianoforte, danza, canto, chitarra...), se dunque se ne potessero stare senza ulteriori fardelli non sarebbe una cattiva esperienza. A un patto però: di farli «lavorare» maggiormente a scuola. Ma per questo, ce ne rendiamo conto, non bastano le lezioni ex cathedra, occorrerebbe da parte di tutta l’istituzione scolastica uno sforzo extra. E qui casca l’asino. Non quello a cui un tempo si infilava il cappello con le orecchie e si metteva dietro la lavagna, bensì chi ha l’onere di non ripetere riti antichi, adeguando invece l’insegnamento al mondo che cambia.

(g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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