Il telefonino toglie energie e voglie Scegliamo di vivere

Lettere al direttore
AA
Scrivo a te lettore che magari hai la mia stessa età, e ti trovi in quello stallo tra gioventù e età adulta. Quando arrivi a 30 anni, ti trovi a fare un passo della vita molto importante. Sai quei bilanci che le aziende fanno sistematicamente per regolare l’andamento lavorativo. È una cosa che arriva improvvisa nella vita di un trentenne, quasi indesiderata, un momento dove quelle figure immaginarie che rappresenti sempre con le nuvole bianche vivono la trasformazione più complessa all’interno della vita. A sedici anni li chiami sogni e sono un’essenza indefinita, a trent’anni si chiamano progetti, sono l’evoluzione dei sogni in una forma più concreta. Devi rincorrere con le stesse energie di sempre, con quella voglia istintiva. Già «la voglia»… Abbiamo tutti in tasca un telefonino, giusto? Questo smartphone che ci dice apparentemente tutto, quando in realtà semplicemente ti toglie il gusto di vivere. Piano piano ti stronca «la voglia», ammazza quella libido di energia psichica che costituisce una «spinta vitale» per il genere umano. È come se metaforicamente entrassi nella libreria della vita. Pensi apparentemente di conoscere il finale di tutti i libri. Chi te lo fa fare di prendere un titolo? Con quale voglia scegli di cominciare un viaggio tra le ruvide pagine di questo percorso di vita? Eppure: «Chi non sogna, non ha speranza; e chi non ha speranza, non ha vita» dice Shakespeare. Sei consapevole che i sogni sono importanti, ma tu ti senti impotente, quasi debole, perché ti manca quella maledetta «voglia». È forse il telefono che ci toglie la voglia. Chat Gpt ci toglie la voglia di creare un testo. Tiktok ci toglie la voglia di avere una personalità autentica per conformarsi ad una tendenza. Whatsapp ci toglie la voglia di incontrare gli altri e ci fa avere sempre più paura di loro. Only fans ci toglie la voglia di compenetrare fisicamente un corpo come dono d’amore, mercificando nella pornografia ogni sfumatura dei sentimenti. Tinder ci toglie la coraggiosa voglia di rischiare in una relazione vera e reale, snaturando i rapporti in un’ottica di dominanza. Instagram ci toglie la voglia di sognare e costruire un progetto, perché pensi che saranno sempre gli altri a farcela e tu non ce la farai mai. Non è un attacco alle app, ma al rapporto tossico che abbiamo sviluppato con loro. Perdi la voglia con il tempo, ci si atrofizzano gradualmente le energie, soffochi di ansia e paure quando dovresti solo lottare per un sogno. Se è così non lo puoi chiamare vivere, ma sopravvivere. Tu cosa scegli?
Gabriele Cervati
Verolanuova
Caro Gabriele,
gli ormai numerosi anni di vita e l’esperienza che via via si è accompagnata inducono a diffidare sempre di quei due impostori che rispondono ai nomi di ottimista e pessimista.
I problemi ci sono, inutile negarlo, così come i rischi collegati al digitale, al mondo delle app, al virtuale diventato reale e viceversa. Si tratta tuttavia di fenomeni sociali e, come tali, soggetti alla parabola che vede un inizio, un picco e una discesa.
Ora, dei cosiddetti «social», viviamo la massima ascesa, provando spesso la sensazione dell’ubriacatura. Fa bene perciò, caro Gabriele, a suonare le campane d’allerta, anche perché non abbiamo tuttora sviluppato gli anticorpi per contrastarne o contenerne l’avanzata. Gli esseri umani tuttavia hanno una lunga storia ed è probabile che quanto ora appare una montagna, in futuro si smussi, diventando collina e, speriamo, nuovamente pianura. Anche se, ce ne rendiamo conto, al momento questo è più un auspicio, che una certezza. Dunque concordiamo sul tener alta la guardia. (g. bar.)
Gabriele Cervati
Verolanuova
Caro Gabriele,
gli ormai numerosi anni di vita e l’esperienza che via via si è accompagnata inducono a diffidare sempre di quei due impostori che rispondono ai nomi di ottimista e pessimista.
I problemi ci sono, inutile negarlo, così come i rischi collegati al digitale, al mondo delle app, al virtuale diventato reale e viceversa. Si tratta tuttavia di fenomeni sociali e, come tali, soggetti alla parabola che vede un inizio, un picco e una discesa.
Ora, dei cosiddetti «social», viviamo la massima ascesa, provando spesso la sensazione dell’ubriacatura. Fa bene perciò, caro Gabriele, a suonare le campane d’allerta, anche perché non abbiamo tuttora sviluppato gli anticorpi per contrastarne o contenerne l’avanzata. Gli esseri umani tuttavia hanno una lunga storia ed è probabile che quanto ora appare una montagna, in futuro si smussi, diventando collina e, speriamo, nuovamente pianura. Anche se, ce ne rendiamo conto, al momento questo è più un auspicio, che una certezza. Dunque concordiamo sul tener alta la guardia. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Condividi l'articolo
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato