Il nostro cuore di genitori trafitto per il piccolo Charlie

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Abbiamo vissuto la Rianimazione pediatrica per circa due mesi lo scorso inverno. Nostra figlia, 4 anni, ha una malattia genetica rara e le continue polmoniti l'hanno messa a serio rischio. Respiratori, c-pap, ossigeno, accessi venosi, sondino naso-gastrico per l’alimentazione, crisi epilettiche, infezioni, indagini invasive per lo studio del reflusso gastroesofageo, elettroencefalogramma, interventi chirurgici ecc. Sono stati mesi lunghi, difficili, stancanti fisicamente e psicologicamente, carichi di preoccupazione e dolore, ma soprattutto di speranza. La speranza di lasciare la Rianimazione, di essere trasferiti in un reparto sub-intensivo e poi finalmente a casa. Ecco, ora questa speranza ai genitori del piccolo Charlie Gard è stata tolta. Charlie è un bimbo inglese di soli dieci mesi affetto da una malattia genetica rarissima, può vivere solo collegato ad un respiratore. Fisicamente non soffre. I genitori hanno raccolto in pochissimo tempo 1,4 milioni di sterline per portarlo negli Stati Uniti e sottoporlo a cure sperimentali. Purtroppo questo denaro non sarà mai utilizzato perché l’Alta Corte inglese ha deciso, contro il volere dei genitori, che Charlie deve morire, che devono essere interrotte le terapie e i sostegni vitali. Anche la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, cui i genitori del piccolo Charlie si erano rivolti con la speranza che l’Europa dell’accoglienza, dei «muri da abbattere» e dei diritti per tutti annullasse la sentenza inglese, ha invece confermato il verdetto: Londra può sospendere le cure che tengono in vita il piccolo Charlie. Ogni ulteriore trattamento «continuerebbe a causare un grave danno per Charlie». Quando abbiamo appreso la notizia il mondo mi è crollato addosso. CiCi eravamo illusi anche noi, come i genitori di Charlie, che in Europa ci fosse spazio per tutti. Anche per i bambini gravemente malati, che dipendono in tutto e per tutto dai loro genitori. Famiglie che, non senza fatica e tanto dolore, ma con dedizione e umiltà ogni giorno devono rinunciare ad una vita forse un po' più semplice e spensierata per stare accanto al figlio che ti è stato donato, perché proprio tu sei il genitore migliore per lui. Siamo certi che i genitori di Charlie rinuncerebbero a tutto pur di continuare a stare accanto al loro bambino, nonostante l’immenso dolore di avere un figlio che forse non riesce nemmeno a guardare negli occhi la propria mamma, ma sa che lei è lì accanto a lui. La sente. Ne siamo certi. Anche il cuore dei genitori di Charlie, come il nostro, è trafitto giorno e notte (nessuno è immune dal dolore, dalla Croce) ma vogliono che Charlie viva. Charlie vuole vivere! Ormai però è tardi. Charlie Gard sarà eliminato. Il respiratore sarà spento. Charlie non tornerà più a casa. I giudici hanno deciso. Una battaglia per la vita sconfitta dallo Stato che dovrebbe tutelare i propri cittadini. Il precedente è terribile e fa paura. E nessuno più si senta al sicuro. Erode è tornato. Non ricordiamo chi disse «Giudica una civiltà da come viene trattato il più debole fra i suoi membri, da come colui che non può difendersi viene tutelato. Allora avrai una buona stima della sua levatura morale e civile». Bene, ora il giudizio sulla nostra civiltà non ha parole per essere espresso. Non resta che agire. Come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II, alziamoci tutti e gridiamo che la Vita va tutelata e difesa, e che tutti sono degni di amore, di cura e di rispetto.

// Chiara Febretti e Angelo Bonera
Cazzago San Martino
Gentili Chiara e Angelo, grazie per la preziosa riflessione che con la vostra testimonianza avete voluto offrire ai lettori del giornale, su un caso come quello del piccolo Charlie Gard che davvero ha scosso e dovrà continuare a scuotere profondamente le coscienze di tutti. Come sempre deve avvenire, comunque la si pensi, per tutte le questioni che vanno all’essenziale: cioè alle radici della vita e della morte. Una riflessione che può anche risultare dolorosa e lacerante, ma che non si può eludere: altrettanto quanto battersi per la vita per amore di un figlio o una figlia. (g.c.)

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