Il fiabesco mondo del museo degli strumenti musicali

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Per la prima volta sono entrato al Museo degli strumenti musicali in via Trieste. Ad accogliermi Virginio Cattaneo, il fondatore, seduto su una sedia come un re su un trono. Un re ottuagenario, gentile e burbero allo stesso tempo. Burbero e benefico, visto che qui non si paga un euro per vedere, magari accompagnati da una guida, per ascoltare e (udite! udite!) anche per suonare. Il suo regno è questo museo un po’ fiabesco, nostalgico, dove è esposta una collezione di strumenti che vanno dalla chitarra classica al violino, al contrabbasso, alla tiorba, al sitar, alle percussioni esotiche, agli strumenti etnici. Non mancano i grammofoni, quelli a rullo, che ancora ci fanno ascoltare il suono un po’ gracchiante delle registrazioni su cera o quelli che riproducono le incisioni su disco di metallo. Un «piano mobile» (e a suo modo nobile, di una nobiltà decaduta) ha conservato il suo suono dolce, ancora molto bello. Prende vita al movimento di una manovella che trascina una lunga scheda di carta perforata. Un «verticale», un poetico e crepuscolare organetto di barberia ci riporta ai suonatori che si aggiravano nei mercati o nelle fiere, o che sostavano a lato delle strade di città. Due rulli si alternano nel far risuonare di un suono metallico il tema de La donna è mobile e dell’immancabile O sole mio. Le chitarre sono grandi e piccole, di liutai ormai dimenticati, ornate di eleganti intarsi o spartane e severe come il loro padrone, Virginio Cattaneo, musicista, insegnante, inventore (progettò negli anni cinquanta, realizzò e suonò un contrabbasso elettrico). Io mi sono presentato come chitarrista autodidatta, che nel dizionario del Cattaneo diventa chitarrista «di quarta segata», ma tant’è, lo stile è quello. La collezione meriterebbe maggiore attenzione da parte dei bresciani, anche per ricordare che Brescia è stata patria di una grande liuteria nei secoli passati. Meriterebbe forse anche una collocazione migliore, stipata com’è in uno spazio troppo esiguo. Comunque andateci, ne vale la pena e non costa niente.

// Stefano Soggetti
Sarezzo

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