Il divieto di bruciare le sterpaglie
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Le chiedo gentilmente un poco di spazio per esporre alcune considerazioni in relazione a un articolo pubblicato nel supplemento al n° 313 del GdB del 13 novembre 2014, in uscita ogni giovedì, con il titolo di testa. «GdB Chiari». Nella pagina dedicata a Castrezzato, è riportata con notevole evidenza la notizia: «Residui vegetali, divieto di bruciarli fino al 15 aprile». Il cronista, puntualmente, informa che con un’ordinanza il sindaco ha informato l’intera cittadinanza del divieto di combustione all’aperto di piccoli cumuli, non superiori a 3 metri steri (ndr 3 metri cubi), di residui vegetali agricoli dal 15 ottobre al 15 aprile ricordando che l’inosservanza della norma comporterà, per legge regionale, una multa da 100 a 600 euro. Guarda caso proprio il divieto coincide con il periodo in cui le attività agricole sono particolarmente indirizzate al riordino e alla ripulitura dei terreni dalle sterpaglie inquinanti e dalle ramaglie. Ho potuto scaricare, il 28 ottobre u.s dal sito del Comune, l’ordinanza (senza protocollo e/o numero), sopra riassunta, per sommi capi. Parrebbe del tutto evidente che il divieto sancito dal sindaco di Castrezzato non tenga in alcun conto quanto stabilito dal Decreto legge 24 giugno 2014 n° 91 (in vigore dal 25 giugno) che permette di superare il rischio di contenziosi e divieti scaturiti dalla norma introdotta dalla Legge n°6/2014 (terra dei fuochi) per contrastare la combustione illecita dei rifiuti. Infatti il comma 8 dell’articolo 14 del decreto legge n° 91/2014 modifica l’art. 256 bis del decreto legislativo 152/2006, relativo alla combustione illecita di rifiuti, stabilendo che «tali disposizioni non si applicano al materiale agricolo o forestale derivante da sfalci, potature o ripuliture nel caso di combustione in loco delle stesse; di tale materiale è consentita la combustione di piccoli cumuli in quantità giornaliere non superiori a tre metri cubi per ettaro, nelle aree, periodi e orari individuati con apposita ordinanza del sindaco competente per territorio. «Ora una legge nazionale stabilisce che: «La combustione di tale materiale è consentita sul luogo di produzione ma che, comunque, è sempre vietata nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi dichiarati dalla Regione». Non è dato saper il motivo per cui non si è tenuto conto del disposto di una recente legge nazionale, vincolante a tutti i livelli: centrale, comunale e regionale. Mi consola il fatto che molti sindaci della Lombardia, del Veneto, del Piemonte e di altre regioni della nostra Italia (vedi Internet) abbiano emanato ordinanze che, nel rispetto puntuale della legge nazionale, autorizzano la combustione controllata sul luogo di produzione di piccoli cumuli di residui vegetali agricoli o forestali fissandone le stringenti modalità di esecuzione. In relazione al problema è di notevole interesse la premessa dell’ordinanza di un sindaco di una cittadina piemontese: «La pratica della gestione controllata dei residui vegetali mediante combustione sul luogo di produzione rappresenta una tradizionale pratica agricola volta alla mineralizzazione degli elementi contenuti nei residui organici e anche al fine di determinare un controllo indiretto delle fonti di inoculo ed evitare la propagazione di fitopatie, riducendo o eliminando la necessità di trattamenti chimici. Premessa questa ben diversa da quella, formulata nel divieto imposto in quel di Castrezzato, che pare sostenere che la combustione controllata di piccoli cumuli di residui vegetali sia la principale causa scatenante le polveri sottili, il PM10 e gli ossidi di azoto. Cattivi questi contadini ritenuti i soli che ammorbano l’aria bruciando un po’ di sterpaglie? Alberto Minelli Castrezzato
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