Femminicidi? Per evitarli occorre conoscerli

Lettere al direttore
AA
Femminicidi: piaga dei nostri tempi o ancestrale condanna? La sensazione che si avverte nei molteplici articoli su carta stampata e televisione è che mai come in questi tempi le donne siano oggetto di vili aggressioni sessiste fino all’omicidio. Ma è realmente così o è la sensazione che emergere nel sentire praticamente tutti i giorni riportare notizie in tal senso? Forse, sarebbe meglio, accantonare l’impeto, giustificato, ma non efficace di considerare i femminicidi un male del nostro tempo e ricercare, più come topi da biblioteca che da arrembanti cronisti, numeri e fatti accaduti nel passato. Cosa emerge? Che mai come in questi ultimi anni i femminicidi siano diminuiti, versus una media di circa 160 casi l’anno negli anni fra il 2012 e il 2016, passando ai 93 del «virtuoso» 2023 e i 113 del 2024. Mancano dati attendibili per gli anni precedenti, visto che il termine «femminicidio» si fa strada solo nel 1992 in un lavoro della criminologa sudafricana Diana Russel, ma possiamo ritenere che sommando delitti passionali e d’onore avremmo numeri molto peggiori. Possiamo quindi gioire? Certo che no, ma se si è in cerca di una terapia occorre che la diagnosi sia assolutamente corretta, diversamente sarà impossibile identificare il giusto rimedio, quando non peggiorare le cose. Quindi abbandoniamo internet, inquinamento, psicologia di massa e concentriamoci più sui singoli soggetti coinvolti. Mediamente giovani e, incredibilmente, in numerosi casi dotati, almeno teoricamente, di strumenti culturali per comprendere l’orrore, l’assurdità del gesto e le relative conseguenze. I soggetti da deriva culturale, ignoranti e rozzi archetipi dei tempi passati lasciano il posto ai liceali e universitari di oggi, privi di sufficienti freni inibitori innanzi al rifiuto. Ma cosa e chi può fortificare tali freni? La cultura certamente, ma in questi casi cosa ha fatto prevalere l’istinto sull’intelletto? Questo è il momento da isolare, radiografare e capire cosa faccia scattare, anche in presenza di strumenti per inibire la follia: l’atto, magari di pochi istanti, che può demolire la vita di tante persone coinvolte direttamente ed indirettamente. Quindi: no alla ricerca nelle pieghe culturali e sociali attuali delle spiegazioni di tali ignobili e folli gesti, ma ammettere che in una percentuale, comunque in diminuzione, di uomini possa scattare, senza particolari prodromi, tale follia anche in ambienti apparentemente sani e lavorare sul singolo piuttosto che sulla comunità. Come? Certamente non con le considerazioni degli opinionisti tuttologi stabilmente presenti in certe deprimenti trasmissioni, piuttosto portando, per esempio, in relazione diretta, faccia a faccia, il pubblico, meglio se in opportune sedi protette e in giovane età, con i genitori degli aggressori, con gli stessi aggressori e ancora con i genitori delle vittime. A volte le esperienze negative degli altri possono educare molto più di tanti pedagoghi.
Luigi Veronesi
Caro Luigi,
non volendo aggregarci alla schiera dei tuttologi, ci limitiamo a dare eco alla sua, di opinione. Condividendola. Per fenomeni quali questo, il tempo dei distinguo può serenamente aspettare, che agire sulla cultura e salvare anche una sola vita è assai più importante. (g. bar.)
Luigi Veronesi
Caro Luigi,
non volendo aggregarci alla schiera dei tuttologi, ci limitiamo a dare eco alla sua, di opinione. Condividendola. Per fenomeni quali questo, il tempo dei distinguo può serenamente aspettare, che agire sulla cultura e salvare anche una sola vita è assai più importante. (g. bar.)
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