Essere cattivi non conviene: troppa fatica

AA

A Natale, dobbiamo tutti essere più buoni. A Natale, siamo tutti più buoni. E visto che durante l’anno siamo tutti una pletora di cattivoni irredenti, almeno il giorno del compleanno di Gesù Bambino facciamo uno sforzo e cerchiamo di trattenerci. Proviamo a essere buoni. E poi direi anche in seguito i giorni che verranno. Un giorno è troppo poco! Che poi, per certi versi, potrebbe pure essere facile, se non facilissimo, basta perdonare, dimenticare le cose brutte del passato, con la speranza (sempre l’ultima a morire), tutto il cattivo, le cose brutte, subite, ma anche a volte inconsciamente fatte. Anche perché, per essere cattivo sul serio, ce ne vuole di energia. E non si può improvvisare. Ci vuole determinazione, bisogna focalizzarsi sull’obiettivo, concentrare le forze. Tutte cose che, con i picchi iperglicemici festivi, sono ben difficili da perseguire. Tuttavia lo «state buoni» del Natale risulta essere più che altro un po’ di buona volontà. Altro che più buoni, la verità è che a Natale e dintorni siamo tutti più cattivi, più scontenti, più inviperiti. Perché? (Vedi il mondo come sta andando!). A farsi un giro sui siti d’informazione internazionali viene da pensare che lo spirito della bontà natalizia sia tornato a nascondersi, e di corsa, fra le pagine di Dickens. Lasciando l’umanità a sbrogliarsela da sola, tra fame, recessione, guerre, guerriglie, terrorismi e partigianerie d’accatto. In Italia il qualunquismo già storicamente endemico ingrassa pure lui, oltremisura, sotto le festività. Tutti più buoni? Tutti più scontenti e arrabbiati, piuttosto. Scontenti gli operai, e arrabbiati coi padroni. Scontenti i padroni, e arrabbiati con gli operai. Scontenti i sindacati, scontenti i prelati, scontenti i pensionati e scontenti i disperati che una pensione non la vedranno mai neanche col binocolo. E ancora. Scontenti i commercianti perché «c’è la crisi», scontenti gli acquirenti che spendono meno «perché c’è la crisi». Scontenti gli editori, perché «c’è la crisi» e di soldi ne girano pochi, scontenti i giornalisti perché gli editori pagano poco e in ritardo o non pagano proprio «perché c’è la crisi». Scontenti i ricercatori che restano in Italia, scontenti quelli che se ne sono andati perché costretti a farlo. Scontenti quelli che tornano e che appena tornati vorrebbero andarsene via di nuovo e pensano che a una certa età si dovrebbe pure far pace col cervello. Scontenti i giudici, scontenti gl’imputati, scontenti gli avvocati. Scontenti i ministri. E le ministre, Mah, qui mi sorge un grosso dubbio, «con quello che percepiscono! Perché lo Stato è un dinosauro lento e pieno di debiti e d’acciacchi: Ci vorrebbero le riforme ma costano soldi, e i soldi non ci sono perché «c’è la crisi». Scontenti gli elettori perché non capiscono, imbestialiti alcuni perché pensano d’aver capito fin troppo. E per tanti, troppi, non resta che tirare a campare. Guardiamoci alle spalle, e dopo tutta questa lunga chiacchierata, «utile o meno?!». Vedremo gente, «molta», malata, sofferente, indigente, che non ha nulla da sfamarsi, che vive all’addiaccio, di elemosina ect. ect. che non arriva a fine mese, disperata. Facciamo una volta un bel gesto (che sicuramente ti renderà felice), andiamoci incontro, tendiamo loro una mano e aiutiamoli. Grazie.

// Andrea Delindati
Manerbio

Ecco, sì. Tendiamo loro una mano. A Natale ma anche dopo. Anche se «c’è la crisi». (n.v.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato