Ecco perché sarebbe folle uscire dall’euro
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Il dibattito elettorale che precede le prossime votazioni per il Parlamento europeo è ancora, ahimè, incentrato sul tema dell’uscita dell’Italia dall’Euro. Di una cosa potete stare sicuri: nessun economista vincerà mai un Nobel per aver proposto la bislacca idea della dissoluzione della moneta unica. L’entrata nell’euro non è stato frutto di sogni astratti di alcuni idealisti ma la scelta consapevole dei Parlamento italiano per porre fine a vent’anni di turbolenza monetaria e dissesto delle finanze pubbliche. La scelta di un Paese fondatore della Comunità che voleva rimanere agganciato all'Europa. Il declino italiano nasce da fattori interni ed esterni: la cattiva politica ed il populismo, l’alta evasione fiscale, un’amministrazione pubblica inefficiente, la corruzione e la troppa burocrazia, l’impossibilità di competere con le economie emergenti. L’uscita dall’euro, non solo minerebbe il progetto europeo, ma farebbe anche piombare l’Italia in un grave disastro economico. La nuova lira trasformerebbe in carta straccia i risparmi dei cittadini e gli investimenti delle imprese. Non ci sono precedenti storici per un avvenimento come l’uscita unilaterale di un paese dall’Euro. Questo è il vero argomento dei suoi propugnatori: si può dire tutto e il contrario di tutto. Non a caso i sostenitori di questo processo sono gli stessi che hanno predicato per anni il federalismo senza sapere di cosa stavano parlando (dov’è finito ora?) e si sono addirittura inventati un territorio statuale che non è mai esistito (che fine ha fatto, a proposito, la Padania? Si secede o non si secede?. I fautori dell’uscita dall’Euro sostengono che così si pagherebbero meno tasse: ma in questo caso il nostro debito pubblico potrebbe solo aumentare. I titoli di stato denominati in Euro aumenterebbero in proporzione alla svalutazione della lira, senza considerare un drammatico rialzo dei tassi. Certo si potrebbe ripudiare il nostro debito pubblico, una mossa serenamente proposta da Grillo. Peccato che gran parte dei titoli di Stato sono detenuti dalla classe media dei cittadini italiani (i ricchi hanno investimenti più diversificati), che vedrebbero scomparire almeno l’80% dei propri risparmi. Con la svalutazione della nuova lira il prezzo dei beni importati aumenterebbe in proporzione. Pensiamo solo all’energia. Tutti sappiamo quanto siamo dipendenti da fonti energetiche estere. Negli ultimi anni, a causa dello sviluppo impetuoso delle economie emergenti, petrolio, gas, metalli, alimenti base hanno conosciuto importanti aumenti. Se l’Italia non avesse avuto l’Euro avrebbe ricevuto uno shock simile a quello della crisi petrolifera degli anni settanta. Si afferma che uscendo dall’Euro ci si libererebbe dai diktat dell’Europa e, in particolare, della Germania. Ma non sembra che i nostri politici negli ultimi trent’anni si siano dimostrati molto responsabili in questo senso, visto che il nostro debito pubblico è arrivato dove è arrivato. È vero caso mai il contrario, cioè che grazie ai vincoli europei abbiamo dovuto ridimensionare un disavanzo pubblico che è il nostro lascito alle generazioni che verranno. Prima dell’Unione monetaria, le periodiche svalutazioni del cambio della lira avevano portato l’inflazione a oltre il 20%. I tassi di interesse erano arrivati a livelli proibitivi per i mutui delle famiglie e il credito delle imprese. Chiunque abbia un mutuo da più anni può verificare nelle proprie tasche questi calcoli. Non è giocando con la moneta che un’economia moderna si rafforza e cresce. Lo sviluppo si fa in un altro modo: creando valore e distribuendolo equamente. È il modo in cui si produce ricchezza e la si distribuisce a decidere il destino di un’economia e di un paese, a stabilire il livello di benessere di una comunità. L’esempio tedesco è lampante: la Germania è da decenni l’economia esportatrice per eccellenza, e lo è stata servendosi di una moneta tradizionalmente forte, il marco. Non aveva bisogno di truccare le carte. Servono politiche intelligenti e, prima ancora istituzioni adeguate che permettano di farle. Abbiamo fatto la moneta europea senza fare la federazione. Per uscire dalla crisi l’Euro ha bisogno di un governo responsabile di fronte ai cittadini, un parlamento veramente sovrano, un’unione bancaria in grado di supervisionare gli istituti di credito e tutelare i risparmiatori. Oggi l’Unione europea non può contare su risorse proprie da investire e su una propria capacità fiscale. La creazione di un bilancio autonomo dell’Eurozona sarebbe il primo passo efficace da compiere. I proventi dell’imposizione di una carbon tax e di una tassa sulle transazioni finanziarie garantirebbero le risorse per realizzare vari obiettivi: l’assistenza agli Stati in crisi con il finanziamento di politiche di sostegno ai disoccupati, la realizzazione di un piano di sviluppo sostenibile, per il rilancio dell’occupazione e il finanziamento di beni pubblici europei. Ogni realtà territoriale ha regioni più forti, sotto il profilo economico, e regioni più deboli. Quando queste regioni sono inglobate in un unico Stato depositario della sovranità monetaria, è indispensabile che lo Stato comune possa operare trasferimenti di risorse da una regione all’altra quando si rende necessario, uno Stato senza controllo della moneta e senza il sostegno di un bilancio federale è come un pugile mandato a combattere con le mani legate. L’Euro deve diventare per l’Unione europea quello che il dollaro è per gli Stati Uniti. Nessuno Stato degli Usa ha mai espresso il desiderio di «uscire dal dollaro» per svalutare la propria moneta. Al contrario, il dollaro è la forza degli Stati Uniti. Se uno Stato americano è in difficoltà non ha nessun bisogno di svalutare perché subito interviene il bilancio federale, proprio come lo Stato italiano interviene a sostegno delle sue regioni più deboli. Negli ultimi anni almeno quattro Stati americani sono tecnicamente falliti, tra cui la California, il cui PIL è almeno sei volte quello della Grecia, ma non se ne è nemmeno parlato. Gli Stati Uniti hanno un bilancio, un governo e una politica economica degni di questo nome. L’Unione europea ha un bilancio comune irrilevante (nemmeno l’l % del Pil) mentre il bilancio Usa raggiunge il 24%, una banca centrale che non può intervenire quando servirebbe e 28 politiche economiche slegate una dall’altra. L’Unione Europea, con i poteri di cui dispone attualmente, non può sostenere adeguatamente gli Stati deboli e non può garantire la teni delle loro finanze. Questo è il vero motivo: la debolezza politica dell’Unione Europea, l’assenza di uno stato federale alle spalle dell’Euro. Non I’Euro in sé, come critici superficiali cercano di far credere a un’opinione pubblica confusa e disinformata. Il Parlamento europeo oggi non svolge ancora vere funzioni di camera legislativa. Le decisioni più importanti vengono infatti prese dal Consiglio, al cui interno le relazioni tra i governi si fondano su rapporti di forza. Per dare risposte ai cittadini europei il Parlamento europeo dovrà essere dotato di una vera sovranità e guidare una riforma istituzionale che renda più democratici gli organi dell’Unione e crei un vero sistema di governo europeo. È necessario per questo scegliere un Parlamento europeo composto da soggetti pronti a rafforzare l’Europa e non a distruggerla, pronti a rivendicare un ruoli costituente nell’interesse dei propri concittadini. Pierfrancesco Franzoni Segretario di Brescia Movimento Federalista Europeo
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