Discriminata dal medico per il mio disturbo mentale

Volevo porre alla sua attenzione un fatto molto grave che mi è capitato nella mattinata del 15 aprile durante una visita dermatologica svoltasi presso la struttura ospedaliera di Salò. Siccome conosco quanto il vostro giornale tenga alla sensibilizzazione della comunità su certi argomenti, ho deciso di non mantenere il silenzio ma di farvi presente come, all'interno della nostra società, anche nel 2021, vengano compiute discriminazioni anche a livello salutare sul paziente, da chi, dovrebbe tutelarlo. Lo stigma sulla salute mentale pervade le nostre vite e non è assolutamente corretto che un medico o chiunque, si permetta di sminuire, giudicare ed additare chiunque presenti qualcosa che viene ritenuto al di fuori dei confini della normalità. La nostra società deve cambiare, la malattia mentale esiste al pari di quella fisica, le persone soffrono in continuazione, a maggior ragione in un periodo difficile come quello che stiamo affrontando. La mia voce probabilmente non farà la differenza, ma spero che sia un primo tassello per muovere il cambiamento verso una mentalità di tipo intellettivo e non più ottuso. Certa che questa segnalazione non vada nell'ignoto, le allego la lettera integrale che ho indirizzato all'Urp dell'Asst Garda per segnalare la situazione, lascio a voi la piena e totale libertà di pubblicare o meno l'articolo integrale. «Mi chiamo Claudia e sono una ragazza di 22 anni. Sono una paziente della vostra struttura collocata a Leno, in cui mi sono sempre trovata a mio agio, in particolar modo con il dott. Cristiano Marchese e con la dott.ssa Laura Pedrini, a cui va una nota di merito. Oggi ho dovuto recarmi nella struttura ospedaliera di Salò, in cui ho dovuto effettuare una visita dermatologica. Qui sorge il problema: io ho un disturbo di personalità bipolare diagnosticato e per cui sono in cura, ho dovuto riferirlo alla dott.ssa per fornirle un quadro clinico quanto più completo possibile. La dott.ssa si è permessa di fare commenti spiacevoli e discriminatori in merito alla mia patologia, ironizzando sul fatto che io, studentessa di psicologia, non avrei dovuto frequentare questa tipologia di università. Inoltre, quando sono entrata nel suo ambulatorio, alla sua domanda «Qual è il problema»" ho risposto "Alla testa" e, la dott.ssa sempre molto sensibile e dotata di tatto, mi ha detto «Eh ci credo, con quei capelli», riferendosi alla mia tinta di colore blu. Ora io credo che all’interno del codice deontologico dei medici sia presente una nota in cui viene suggerito di trattare ogni paziente in modo paritario, a prescindere dalla patologia o dal portamento estetico che questo abbia. Oggi mi sono sentita mancare di rispetto profondamente da questa dottoressa, che invece che rappresentare un porto sicuro, non ha fatto altro che rimarcare quelli che probabilmente lei percepisce come difetti, ma che per me non lo sono. Io convivo con il mio disturbo psichico, lo accetto e mi conosco molto bene, sono sempre molto educata e riservata, ma non mi vergogno della mia situazione mentale. Sono dell'idea che l'unica persona che potrebbe farmi notare delle anomalie nella mia persona sia il mio psichiatra, che non è di certo la dermatologa. Spero che questo messaggio non venga posto nel dimenticatoio perché è ora di smetterla di stigmatizzare le persone, a prescindere dal loro problema. Ogni paziente che si reca in un ospedale si aspetta di essere aiutato e supportato, non deriso».
// Claudia Gentile Claudia, ci perdoni se abbiamo omesso il nome della dottoressa alla quale lei fa riferimento. Tuttavia essendo scritto per esteso nella lettera da lei inviata all'Ufficio relazioni con il pubblico dell'azienda ospedaliera di riferimento, siamo certi che chi di dovere farà i dovuti accertamenti. Stando a quello che lei riferisce, qualcuno le deve chiedere scusa. Poco importa se ha personalità bipolare o capelli blu. Anzi: semmai scuse doppie proprio per questo. Fa bene a studiare psicologia. Ci avverta, quando pubblicherà la sua tesi. Sarà bello parlarne. (n.v.)Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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