Danni e vandalismi Qualche «sventulù» servirebbe proprio

Lettere al direttore
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In questi giorni di festa, grazie alla volontà ed alla sensibilità di alcuni bravi promotori, alla Pieve di Lumezzane giunge alla seconda edizione una bella iniziativa di carattere socio-conviviale denominata «Presepi nella Pieve». Pensata e studiata per dare un tantino di vitalità all'antica frazione plebana, che durante il resto dell'anno non brilla certo per fermento sociale, prevede una permanente esposizione dei più svariati presepi, musica, bancarelle e street food. Purtroppo, nelle prime due date sulle tre previste, si sono dovuti fare i conti con una avversa situazione meteo che ne ha parecchio ridimensionate le aspettative, ma in tal senso la questione è puramente aleatoria; il meteo fa ciò che vuole e non ciò che vorremmo noi. Lo scorso anno tutto si è svolto in tranquillità ed in ordine e la cosa, dato il mio «realistico cinismo» e la mia scarsa fiducia nel prossimo, quasi mi ha (piacevolmente) sorpreso. Quest'anno, come facilmente prevedibile, le cose non sono andate nello stesso senso. «Mala tempora currunt sed peiora parantur...».

Già in occasione della prima data si sono registrati piccoli danneggiamenti ai danni dei presepi esposti, con ammanchi di statuine e quant'altro. In occasione del secondo appuntamento, domenica 22, i soliti ignoti hanno addirittura pensato bene di trafugare il Bambinello esposto presso la storica fontana Buccelleni.

Lascio alla sensibilità dei lettori immaginare l'amarezza ed il fastidio per questi gesti. E troppi simili ne leggiamo, di anno in anno, nelle cronache locali. Si dirà: sono ragazzate, è sempre successo, non generalizziamo. Bene, in questi tempi di neo- pedagogia buonista dalle «maniche larghe» io, certo di intercettare ed interpretare il pensiero di tanti, vorrei andare controcorrente e così auspico, anzi invoco, il ritorno di una figura semi-mitologica oggi quasi scomparsa, ma ben presente nella memoria di tutti quelli che sono stati ragazzini fino agli anni '70/'80... «Chèl dèl formài». Quando, dopo averla combinata più grossa del solito, ci si imbatteva in questa sorta di nemesi la cura era diretta e precisa, per dirlo il più chiaramente e brescianamente possibile, due «sventulù» e due «táche 'n dèl cül» ben assestate e tutto tornava a scorrere nella normalità. E siamo tutti diventati grandi lo stesso. Anzi, forse qualcuno è anche migliorato. Con buona pace di quei genitori che non conoscono altro mantra se non la difesa ad oltranza della propria intoccabile ed incriticabile prole. Il 25 dicembre è appena passato, Babbo Natale si è calato dai nostri camini. Una volta si diceva che a quanti non erano stati buoni e bravi, così come anche Santa Lucia o la befana, anziché doni avrebbe portato carbone. Caro Babbo Natale, ti prego: l’anno prossimo riportaci «chèl dèl formài». Ne abbiamo tanto, ma tanto tanto bisogno!
Ennio Rinaldi
Lumezzane

Caro Ennio,

avendo qualche anno sulle spalle e appartenendo a una generazione simile alla sua, «chèl dèl formài» lo conosciamo bene, pur se non lo abbiamo mai incontrato di persona. Non ce n’è mai stato bisogno. E non perché siamo stinchi di santo, bensì essendo stati educati al rispetto e al prendersi cura. E anche quando, come tutti i ragazzi, abbiamo ecceduto o trasgredito le regole, più che il timore di uno «sventulù» ci ha inibito la preoccupazione di deludere chi ci ha cresciuto, chi ci ha concesso fiducia.

Non vogliamo allora darle torto, comprendendo il senso della sua invocazione, tuttavia ci permettiamo di scriverle che quella del manrovescio è una scorciatoia. Una scorciatoia che, tra l’altro, in nove casi su dieci, non porta di buono nulla. Al contrario, spendere tempo nell’educare, nel vigilare, nel sensibilizzare, è assai più faticoso, ma porta frutto con maggiore certezza. Lo scriviamo in punta di penna, senza pretendere di avere ragione, bensì sulla base dell’unico elemento di cui ci fidiamo: la nostra esperienza diretta. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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