D on Fabio e la scuola: un educatore capace di ascoltare

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P rendiamo spunto, come insegnanti, dalla notizia del trasferimento a Camignone di don Fabio Corazzina per ringraziarlo della sua opera di educatore svolta per molto tempo a Brescia e, in particolare, all’interno degli Istituti scolastici cittadini, dove, quando è stato invitato, ha sempre rivolto ai giovani parole che, unite alla testimonianza della sua vita, li hanno aiutati a crescere e a formare la propria coscienza. La sua presenza e il suo insegnamento ci hanno sempre interpellato e stimolato a sviluppare una riflessione che investisse la scuola e il suo rapporto con le giovani generazioni, in un momento in cui non è facile essere aperti al futuro e impegnati concretamente a realizzare le attitudini e i desideri coltivati nel cuore, quando il domani è, per vari motivi, sempre più incerto. Da tempo, come insegnanti educatori, ci stiamo chiedendo se siamo in grado di ascoltare e cogliere le loro domande sul senso della vita, consapevoli che, oggi, la loro dimensione spirituale passa essenzialmente attraverso la presenza, nel loro animo, di alcune domande di fondo. Conosciamo molti adolescenti e giovani che, ai tempi della pandemia e dopo, hanno prestato aiuto alle famiglie che hanno risentito maggiormente di quel drammatico evento; ne conosciamo altri che si impegnano per il rispetto dell’ambiente in cui vivono e delle risorse che la terra ci offre, sottraendole alla logica dello sperpero e del consumo solo per noi, senza pensare a coloro che abiteranno, in futuro, il nostro pianeta. E molti giovani, per rimanere nell’ambito della scuola, mettono la loro intelligenza, il loro sapere e il loro tempo a disposizione degli studenti in difficoltà nello studio. In che modo noi adulti educatori li aiutiamo a resistere alle sollecitazioni dell’individualismo, a leggere la realtà in cui vivono, ad avere occhi come carte assorbenti per cogliere e condividere le sofferenze e i drammi del nostro tempo? Oppure il nostro atteggiamento nei loro confronti è sempre più giudicante, come richiede una scuola sempre meno della formazione e sempre più di un fittizio ed effimero merito? Don Fabio ci ha fatto capire, costantemente, che il clima umano di una comunità - scolastica, civile o ecclesiastica che sia - non può essere che accogliente e attento alle persone, divenendo, proprio per questo, desiderabile. Ci ha insegnato che ha senso chiederci come parlare ai giovani (con quali metodi, strumenti, linguaggi), ma che ha ancora più senso come ascoltare i giovani; ci ha insegnato che è importante dare loro consigli utili, ma che è ancora più importante farsi loro compagni di viaggio e avere, in quanto adulti, orecchi e cuore aperti alle loro aspirazioni e ai loro sogni; in questo modo lasceremmo spazio anche ai nostri di sogni. E se noi adulti saremo ancora capaci di sognare, i giovani saranno, nel nostro tempo, quelle persone capaci di vedere e di indicarci quel futuro di speranza di cui abbiamo tanto bisogno .
Camilla Abeni, Alessandra BalestraFrancesca BernacchiaFulvio Bertoletti, Mara BettiniCarla Bolli, Lia BurattiLuisa Castellazzo, Riccardo CreaLaura Forcella, Adele LodaFabrizio Odelli, Luciano ParadisiLuisa Regola, Iole ScalviniAntonella Scaramuzza, Luca Vidulis

La condivisione dei sogni come strumento capace di generare speranza. Con il grazie a don Fabio Corazzina per la sua opera di educatore - e c’è da giurare che don Fabio continuerà ad esserci, laddove verrà chiamato - questi insegnanti rilanciano un modello educativo che si pone non solo l’interrogativo del come «parlare» ai giovani ma anche e soprattutto del come «ascoltarli». È un approccio fecondo, e non solo nelle relazioni tra generazioni o tra comunità educante e giovani. È condivisione piena, generatrice di vero bene per tutti. (n.v.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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