Contro l’apatia Destino e declino dei piccoli paesi
Lettere al direttore
AA
Capriano del Colle è il paese che amo. Ci sono nato, ci vivo da sempre e lì affondano le mie radici. Il sentimento che provo io non è certo molto diverso da quello che tutti sentono per i luoghi in cui la sorte ha deciso di accoglierne il respiro. Un paese di quasi 5.000 abitanti, fatto di gente laboriosa, orgogliosa e solidale ma che, come tante altre realtà del nostro territorio, sta progressivamente impoverendosi e perdendo via via, come una betulla in autunno, la sua già elegante silhouette dei bei tempi andati. Ecco, il mio paese mi appare oggi così, quasi rassegnato al suo declino. Se rilevo che nulla più dell’impotenza a dire suggerisce spesso di adeguarsi al flusso degli eventi, personalmente avverto di dovermi in qualche modo ribellare. Nel corso degli anni e in rapida successione, a partire dalla drammatica vicenda della «discarica Capra» sono venuti a mancare alcuni essenziali servizi per la comunità: centro prelievi, vicenda medico di base, negozi e botteghe di vicinato, strutture sociali come punti di incontro per giovani e anziani e, dulcis in fundo, l’ultimo sportello bancario. Il profitto sembra ormai essere l’unico desiderabile compagno di viaggio. In questo contesto, resistono ancora pochi brandelli di un tessuto sociale un tempo saldamente coeso e compatto. So bene che non è facile trovare rimedi alle molte criticità che stiamo vivendo. Voglio però credere, nonostante tutto, che la comune volontà di invertire la rotta possa mettere all’angolo quel diffuso senso di apatia che ci pervade, apatia che in apparenza si presenta come una dolce terapia ma che, all’opposto, è il sintomo di una silente e perniciosa malattia.
Angelo Giuseppe Zizioli
Capriano del Colle
Caro Angelo Giuseppe,
leggere il suo incipit («Capriano del Colle è il paese che amo») ci ha fatto piombare trent’anni addietro, incerti se immaginarci lei con una libreria e cornici d’argento alle spalle o lui, il Cavaliere, tornato per un istante redivivo.
Cerchiamo di essere leggeri e sorridiamo, ma d’un sorriso amaro.
Pesante infatti è il fardello che si intuisce dalle sue parole, così come condivisibile la preoccupazione per il futuro dei molti paesi che vivono identica sorte e sentono corto il respiro. Così, non cedendo al pessimismo della ragione, cerchiamo di aggrapparci all’ottimismo della volontà, ricordando che mai tutto è perduto e che è la stessa storia ad insegnare che basta poco, pochissimo - magari una lettera scritta con il cuore, di getto, al giornale - per invertire la tendenza e far pendere l’ago della bilancia a sfavore del «grande» e vantaggio del «piccolo». E, passando da Berlusconi a Kennedy, possiamo dire che almeno per oggi «ci sentiamo tutti Capriano». (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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