Bontà o buonismo L’importanza di metterci la faccia
Lettere al direttore
AA
Era quasi mezzogiorno, la mattina del 20 dicembre. Tornavo a casa dopo aver svuotato carta e plastica nel vicino cassonetto.
Ed incrociai il non più giovane immigrato che infilava messaggi pubblicitari nelle cassette postali. «Salam Alekum», così lo salutai mentre si allontanava, ma rinunziò ad andarsene per ricambiare «Alekum salam» ed io, con le poche parole di arabo apprese durante le ormai lontane vacanze, continuai «La pace sia con te, nel nome di Dio amorevole e compassionevole» ripetute nel Corano, che ho letto, come ho letto i quattro Vangeli, e qualcos’altro per poter dire con Papa Francesco «Fratelli tutti». «Sei muslim?» mi chiese con le sole parole di italiano che conosceva, così pensai. «No, non lo sono. Pakistan?» tirai ad indovinare, immaginando che il mio povero inglese gli fosse più famigliare dell’italiano. «Si, Pakistan, parlo poco poco italiano. Imparo con lavoro».
«Sei qui con la famiglia, o sei solo?». «La famiglia, moglie, due bambini casa, sono solo qui». Anch’io sono solo ora, dacché mia moglie, mia splendida compagna, se ne è andata, dopo 54 anni, 4 mesi e 20 giorni di vita insieme. Lo pensai, senza coinvolgerlo nella mia solitudine, quindi citai la Bibbia: «Non è bene che l’uomo sia solo». Ma mi rispose: «Guadagno poco poco e mando soldi per mia famiglia là».
«Mandagli anche i miei auguri di Buon Natale, se vuoi. Merry Christmas, anche se non sono muslim» e gli diedi solo cinque euro. Sorrideva quasi contento, nel porgermi la mano, stringendola con calore.
Questo Natale sarà certo lieto e sereno per Salvini, assolto per non aver commesso il fatto. Dopo la stretta di mano ricevuta dallo sconosciuto pakistano lo sarà anche per me, per aver commesso il fatto.
P.S. Se decideste di pubblicare, per favore non citate il mio nome: il buonismo non è di moda, l’esibizionismo ancor meno.
Lettera firmata
Carissimo,
come tutti gli «ismi», buonismo ed esibizionismo non stanno simpatici pure a noi. Però ci spiace non abbia voluto che comparisse il suo nome: un conto è infatti il pudore, più che onorevole, altro la mancanza di coraggio. Lo scriviamo a lei, ricordandolo altresì a noi stessi, poiché è un pericolo che corriamo a nostra volta. La differenza tra bontà e buonismo tuttavia sta tutta lì, nel «coraggio» delle proprie azioni e delle proprie idee, a dispetto del giudizio altrui. Quanto all’episodio in sé, non siamo sciocchi, comprendiamo benissimo quale sia il rischio, ma è proprio facendo i nomi, collegando i fatti agli individui, che si evita la generalizzazione e il conseguente latte alle ginocchia o, peggio, il sospetto che si voglia fare propaganda, estendendo il merito e il demerito personale a un’intera categoria. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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