Bariamo quando diciamo «perdono ma non dimentico»
Il detto popolare «Perdono ma non dimentico» è stato coniato dalla lunga plurisecolare esperienza umana per sottolineare quanto sia difficile perdonare veramente, azzerando le offese o i torti ricevuti. Diciamo sì «ti perdono», ma in realtà l’affronto ricevuto rimane nella memoria, pronto a riaffiorare improvvisamente, facendoci riprovare lo stesso risentimento, celato nel profondo del nostro cuore. Così ogni volta che ricordiamo il fatto agli intimi, per sentircene liberati, otteniamo il contrario dato che l’offesa rimane intatta come un tarlo non debellato. Certamente il ricordo dell’offesa ricevuta non è una calunnia in quanto non si fa circolare una falsità, ma otteniamo un risultato simile in quanto colpevolizziamo quella persona, attribuendole un’etichetta che soltanto in quel frangente è stata sì reale, ma non permanente: è una fragilità mostrata in quella circostanza, ma non è totalizzante. In tal modo si contribuisce, senza rendercene conto, a provocare un pettegolezzo. Se prima poteva essere circoscritto in una comunità, ora i mass-media (televisione compresa) giocano una carta pericolosissima, portandolo all’eccesso. E questo è togliere la dignità alle persone. In sintesi se continuo a ridirmi: «Perdono, ma non dimentico», baro con me stesso. Se vogliamo seguire il Maestro, che nella sua morte in Croce ci lascia un’eredità di Amore Assoluto in quella Sua Frase: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,33-34), con il Suo Aiuto riusciremo a superare le offese ricevute, vedendo rispecchiate nell’altro le nostre stesse e altrui fragilità.
// Flora BrescianiBrescia
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