Addio ad Anita, suocera accogliente e seconda mamma

Lettere al direttore
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Letteratura e tradizione popolare hanno contribuito a diffondere il cliché della suocera quale figura perniciosa. Anche se nel caso di Terenzio che, sulla scia di Apollodoro, tra i primi dedicò una commedia al soggetto («Hecyra», nel 2º secolo avanti Cristo), pesa un equivoco: Sostrata, la suocera, è in realtà un personaggio maestoso e ampiamente positivo, la cui reputazione viene però messa ingiustamente in discussione dagli eventi; ma alla fine, ciò che è passato alla storia è una frase fuorviante del testo, perlomeno in rapporto a ciò che viene narrato («Tutte le suocere, puoi giurarlo, odiano le nuore»). La mia esperienza è in controtendenza con quella impostasi nei secoli e pervicacemente coltivata da non pochi malpensanti. Fin dal primo incontro, ho trovato in mia suocera Anita (io l’ho sempre chiamata così, eliminando la seconda «n» aggiunta da un ufficiale dell’anagrafe troppo zelante) una persona accogliente e disponibile, per poi apprezzarne negli anni qualità ulteriori: premura, generosità, positività e il saper sorridere, anche delle situazioni negative. Non sono l’unico ad aver beneficiato di questa attitudine, ma la condivisione non sottrae valore alla cosa. È mancata improvvisamente nei giorni scorsi, Anita, ed essendo io e mia moglie in viaggio dall’altra parte del mondo non abbiamo potuto rientrare in tempo per il suo funerale, ma solo per la cerimonia con cui le sue ceneri sono state deposte nel loculo da dieci anni occupato dal marito Piero. Tanto la scomparsa di Anita quanto l’impossibilità del congedo diretto mi hanno provocato un grande dolore, solo in parte compensato dalla certezza di avere espresso quando era in vita il mio affetto per lei, che per me è stata (per oltre vent’anni) come una seconda mamma. Ad ogni modo, che altri si lamentino, se credono, delle loro suocere; io, la mia, posso solo ringraziarla, riservandole un posto speciale nel mio cuore, nei miei ricordi.
Enrico Danesi
Rezzato

Caro Enrico,

saranno grate molte suocere, soprattutto quelle per le quali non occorre parlare a nuora affinché intendano.

Che lì sta il punto: l’intelligenza delle persone, nel senso etimologico, l’inter-legere, il saper «leggere tra», comprendere ruoli e limiti, dove finisce la premura e comincia l’invadenza. Allorché accade, come nel caso Anita, ogni suocera diventa proprio così: una seconda mamma. Un abbraccio di cuore. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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