A Ghedi la Casa della Misericordia è cosa fantastica

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Il fascino della mattina di maggio, di una bellezza speciale, mi ha portato a Ghedi per l’inaugurazione della Casa della Misericordia. Ho fatto bene. Ho vissuto un momento fantastico, ho toccato con mano la nobiltà d’animo di uomini che regalano 2.500 metri quadrati di terra per costruire un Centro dove l’amore possa andare e venire, ho ammirato il lavoro silenzioso di volontari con i piedi per terra e le ali nel cuore. In questi tempi bui un vero grido di luce. Anni fa, papa Francesco aveva chiesto, come ricordo del giubileo, la nascita in ogni diocesi di una struttura di misericordia. Sappiamo tutti che Ghedi, quando il Papa chiede, suona le campane della Madonna Assunta e, goccia dopo goccia, fa piovere tali cascate di generosità che per forza nascono i miracoli. È qui tutto da vedere questo prodigio di Casa che apre le sue porte ai disabili, agli emarginati, a chi ha fame, a chi è solo, a chi ha paura. Sala mensa con i tovaglioli a ventaglio del Madagascar, sale per le feste e per le cene, saloni per incontri, concerti e conferenze, magazzini con frutta e biscotti da regalare, mercatino dell’usato per scambiarsi preziose cose da nulla. Un grande importante spazio fisico per promuovere progetti di assistenza e di integrazione, luogo aperto e accogliente per inventare un po’ di felicità. All’aperto, sotto un sole orgoglioso, tre bianchi sacerdoti celebrano la santa Messa con il dono delle nostre mani che cantano «Puoi usarle se le vuoi - per dividere nel mondo il pane che Tu hai dato a noi». Una comunità in festa, bambini alti due spanne indossano una maglietta che li copre tutti e sulla schiena ostentano «volontario». Si sentono grandi come Luciano, Franca, Renato, Emilia, Franco, gli amici che hanno dedicato a questa Casa le loro non comuni doti di intelligenza e di cuore. E sono proprio i bambini a tagliare il nastro tricolore che ferma nel tempo un sogno, diventato realtà in un piccolo angolo della nostra buona terra.

// Elena Alberti Nulli

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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