Strage di anziani nelle Rsa: in Lombardia è scontro sulle colpe
Sono stati fra 6.000 e 7.000 i decessi avvenuti nelle strutture di ricovero per anziani (Rsa) a partire dal primo febbraio. Sintomi sono stati individuati in oltre il 40% dei deceduti, ma «è difficile distinguere fra influenza e Covid-19», come indicano i primi dati dell'Osservatorio sulle Rsa promosso dall'Istituto Superiore di Sanità, presentati oggi da Graziano Onder, del Centro cardiovascolare e dell'invecchiamento dell'Iss, e relativi a circa mille strutture su cui è stata condotta l'indagine.
Per quanto riguarda la Lombardia, i decessi per coronavirus o sintomi influenzali sono stati 1.625 su 266 Rsa analizzate, ma è una fotografia ancora parziale visto che in totale le strutture in regione sono 677. Il 43% di questi decessi è avvenuto nelle seconde due settimane di marzo. Le stragi di anziani hanno portato all’apertura di diverse inchieste giudiziarie con al centro il caso del Pio Albergo Trivulzio a Milano, ma anche con filoni bresciani. Nelle rsa del territorio ci sono casi in cui i decessi hanno raggiunto un terzo degli ospiti delle singole strutture. Una situazione grave, denunciata più volte dai responsabili e dagli operatori sanitari dall’inizio della pandemia: l’elenco dei problemi comprende la mancanza di informazioni e di dispositivi di protezione, le difficoltà nell’isolamento dei contagiati, la carenza di personale per malattia, la difficoltà nel trasferire gli ospiti nelle strutture ospedaliere.
Nelle rsa il coronavirus è circolato tra operatori e ospiti incontrando poche resistenze, anche in considerazione del fatto che fino a due settimane fa in queste strutture non venivano fatti tamponi, se non in minima parte, tanto che c’è chi si era attivato per fare i test autonomamente. Dal 3 aprile il Ministero della salute ha chiesto che venissero fatti tamponi anche nelle residenze: i primi accertamenti condotti a Brescia hanno portato in poco tempo a individuare centinaia di contagi: a mercoledì i positivi erano 864 su 2.200 tamponi.
Al centro del dibattito politico, oltre che delle inchieste giudiziarie, c’è anche il fatto che l’8 marzo la Regione Lombardia abbia previsto con una delibera l’utilizzo delle Rsa per i malati Covid-19 dimessi dagli ospedali, ma ancora infetti e potenzialmente pericolosi. A questo riguardo, il governatore Attilio Fontana si è detto tranquillo: «Aspetto con estrema serenità» l'esito dell'indagine sulle Rsa, ha dichiarato. «La scelta non è stata fatta per fare spettacolo ma perché non avevamo più posti negli ospedali», «i nostri tecnici hanno valutato le condizioni delle case di riposo e noi ci siamo fidati». Per Fontana, dunque, il dito non va puntato sulla Regione, ma sull’Ats: «L'Ats è responsabile - ha affermato -: si è recata sul posto e ha valutato se ci fossero le condizioni», peraltro «sono pochissime le case di riposo che avevano le condizioni e hanno accettato». Stando a quanto aveva dichiarato nei giorni scorsi l’assessore al Welfare Giulio Gallera, i pazienti trasferiti sarebbero stati 150.
Le parole di Fontana hanno provocato la reazione dell’opposizione in Regione: «Leggiamo con stupore la ricostruzione che fa il presidente Fontana sull'ingresso di pazienti positivi al Covid-19 nelle Rsa. Secondo l'ultima versione infatti sarebbero stati i tecnici dell'Ats a valutare le condizioni e la Regione si sarebbe fidata. Peccato che i fatti smentiscano questa narrazione», afferma il segretario lombardo del Pd, Vinicio Perluffo. «Ricordiamo infatti che il documento ufficiale che ha dato il via a tutto questo è una delibera di Giunta. Che significa una piena responsabilità politica di chi governa la Regione, tutto l'esecutivo compresi Fontana e Gallera - osserva Peluffo -. Se Fontana avesse ritenuto inopportuna la scelta avrebbe potuto decidere diversamente. E avrebbe potuto commissariarle come proposto dal Pd già due settimane fa». Una posizione condivisa dal consigliere Pd Gianantonio Girelli: «I contagi e i decessi avvenuti nelle Rsa sono un fatto gravissimo e Regione Lombardia, più che fare lo scaricabarile, deve dare risposte, in primis ai cittadini. Non è giustificabile far passare tutta la catena di responsabilità nelle case di riposo per scontro politico. Le Ats hanno applicato una delibera regionale. Serve chiarezza».
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