Stop allo sci: «Assurdo scoprirlo a 12 ore dalla riapertura»
«Siamo basiti, è a dir poco assurdo venire a sapere a 12 ore dall'apertura degli impianti che tutto resta fermo. Altro che ristori, qui sarà necessario iniziare a parlare anche di risarcimento dei danni». È quanto ha dichiarato Michele Bertolini, consigliere delegato del Consorzio Pontedilegno-Tonale che comprende le località sciistiche di Passo Tonale-Ghiacciaio Presena e di Temù-Ponte di Legno, poco dopo aver appreso della decisione da parte del governo di tenere chiusi gli impianti almeno fino al 5 marzo.
«Non entriamo nel merito della decisione, sappiamo bene che la salute viene prima di tutto e va tutelata, ma siamo increduli davanti a questi tempi inaccettabili. Le nostre non sono attività che si accendono e si spengono con un interruttore - aggiunge -. Eravamo pronti a partire domani: avevamo preparato le piste, assunto personale, sostenuto delle spese. E adesso, che facciamo? Il nostro lavoro merita rispetto, non si può stoppare tutto la sera prima. È inaccettabile».
Senza contare le complicazioni che derivano anche gli utenti: gli sciatori che erano già pronti a partire e si trovano ora con pass e prenotazioni congelati. Settemila gli skipass che risultano già confermati nelle scorse ore per il comprensorio a cavallo tra Valcamonica e Trentino. Tanto che sullo stesso sito del Consorzio (al pari di altri impianti camuni e non solo) è già comparsa una segnalazione che informa i clienti delle ultime novità e rimanda ai prossimi giorni per avere informazioni dettagliate sul destino degli accessi acquistati.Pesantissime anche le parole di una delle categorie più direttamente colpite dalla nuova disposizione anti-Covid: «Il Collegio Nazionale dei maestri di sci, appresa la notizia che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali, ufficializzata alle ore 19 per mezzo di un comunicato stampa del Ministero della sanità, intende esprimere tutto il suo sgomento e la disarmante situazione di abbandono che sembra voler solamente penalizzare la montagna, i suoi operatori e in particolare i maestri di sci italiani». Il presidente Beppe Cuc, nella nota diffusa, esprime una posizione chiara: «Ancora una volta i maestri di sci italiani e la montagna nel suo complesso sono stati abbandonati e umiliati da una comunicazione tardiva, che non ha rispetto per il lavoro di tante persone che in questi giorni si sono adoperati per una riapertura in sicurezza, investendo denaro e sacrifici».
Non meno rammarico c'è nelle parole di chi, come Coldiretti, dal mondo della ristorazione e del turismo che gravita attorno alle piste innevate deriva parte del proprio indotto annuale: la stima è che la decisione impatti su 3,5 milioni di potenziali utenti, con «effetti non solo sulle piste ma anche sull'intero indotto delle vacanze in montagna, dall'alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe, che dallo stop al turismo sulla neve hanno subìto un calo di fatturato fino al 90%». Per Coldiretti, l'economia che ruota intorno al turismo invernale ha un valore stimato prima dell'emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all'anno tra diretto, indotto e filiera.
Anche dal fronte della politica, la tensione è alta: «Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della Salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti fin qui in essere, sapendo che il Cts aveva a disposizione i dati da martedì, salvo poi riunirsi solo sabato». A dirlo è il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, commentando la decisione del ministro Speranza di non consentire la ripresa delle attività sciistiche.
«Una decisione - aggiunge il presidente - dell'ultimo secondo che dà un ulteriore colpo gravissimo a un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa. Ancora una volta si dimostra che il sistema delle decisioni di "settimana in settimana" è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini. Solo sette giorni fa lo stesso Cts nazionale aveva dato il via libera a un regolamento molto severo per poter riaprire. Su quella base avevamo consentito la riapertura».
«Ci sono due cose - aggiunge quindi l'assessore regionale alla Montagna Massimo Sertori - che il ministro Speranza deve fare: chiedere scusa alle migliaia di operatori turistici e ai cittadini per questa incredibile vicenda e, soprattutto, indennizzare immediatamente gli uni e gli altri che si sono fidati delle loro decisioni. È arrivato il momento di rivedere questo sistema dei "semafori settimanali": una richiesta formale che facciamo al nuovo Governo».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato