Recovery: sì definitivo del Parlamento europeo. Cosa succede ora
Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva le regole che governano il Recovery fund, il Recovery e Resilience Facility (Rrf). Il regolamento sugli obiettivi, il finanziamento e le regole di accesso al dispositivo europeo è stato approvato con una ampia maggioranza: 582 voti favorevoli, 40 voti contrari e 69 astensioni.
Con l'approvazione delle regole che governano il Recovery fund, gli Stati hanno ora tutto quello che serve per preparare i piani nazionali di rilancio. Le versioni definitive dovranno arrivare a Bruxelles entro il 30 aprile, ma chi le invierà prima potrebbe ricevere un via libera a stretto giro e quindi anche vedere i fondi in anticipo sulla tabella di marcia.
Affinché tutto funzioni bene e i fondi arrivino nei tempi previsti, i piani dei governi dovranno essere credibili e lungimiranti: cambiarli in corsa sarebbe un problema, non impossibile da affrontare, ma certamente farebbe ritardare l'erogazione. Inoltre, servirebbe una motivazione molto forte per cambiarli, ad esempio l'impossibilità di rispettare la tempistica fissata. Il regolamento del Recovery prevede che i piani nazionali arrivino a Bruxelles entro il 30 aprile.
La Commissione Ue ha massimo due mesi per valutarli e passare la palla agli sherpa dell'Ecofin, che devono dare l'ok finale entro due settimane. I fondi arriverebbero immediatamente dopo, quindi a fine giugno-luglio.
Ma c'è spazio per accelerare i tempi, per chi lo volesse. La Commissione sta invitando i governi a preparare i loro piani con scrupolo, anche grazie al confronto con i suoi tecnici, in modo che, quando saranno presentati formalmente, il via libera sarà praticamente solo una formalità. Da qui i richiami insistenti a riequilibrare le bozze viste finora - tra cui quella italiana - perché sono troppo sbilanciate sulla parte investimenti. Affinché il «rilancio economico sia resiliente e duraturo, occorre trovare il giusto equilibrio tra riforme e investimenti», ha ribadito il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, alla plenaria del Parlamento europeo.
Per quanto riguarda le riforme, si parte da quelle indicate nelle raccomandazioni Ue 2019 e 2020. Non bisognerà inserirle tutte ma, spiegano gli esperti, «una parte significativa» di esse. La Commissione valuterà se sono sufficienti ad ottenere «un progresso considerevole» nelle carenze strutturali individuate dalla Ue. Finora, a quanto si apprende, i Paesi hanno puntato su spending review, riforme del fisco e del mercato del lavoro per ridurne la segmentazione, e della sicurezza sociale. Molto spazio è stato dato anche alle riforme che aiuteranno l'attuazione del Recovery, semplificando ad esempio le regole sugli appalti, e riducendo i colli di bottiglia che oggi ostacolano gli investimenti. Bruxelles invita poi a lavorare bene sulle stime dei costi di ogni misura, che l'Ue dovrà validare, e sulla definizione di obiettivi realistici per far sbloccare le tranche di sovvenzioni.
Il Recovery, sottolineano gli esperti, è uno strumento basato sulle performance: i governi possono richiedere fondi due volte all'anno, ma per accedervi dovranno aver raggiunto gli obiettivi che si sono dati sia sulle fronte delle riforme che su quello degli investimenti. Se la Commissione valuterà positivamente il progresso, raccomanderà l'esborso della tranche. In caso contrario, ne bloccherebbe invece l'erogazione. Il controllo è comunque doppio: se la Commissione fosse troppo morbida nella sua valutazione, un altro governo potrebbe chiedere uno scrutinio rafforzato di tutto il Consiglio.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato