Italia e Estero

Radio Kiev: «Ricordatevi di Alexei, a 22 anni combatte a Mariupol»

Slava è un uomo di 48 anni che vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti in Ucraina
L'acciaieria Azovstal o quel che ne resta in una ripresa satellitare - Foto Maxar via Epa © www.giornaledibrescia.it
L'acciaieria Azovstal o quel che ne resta in una ripresa satellitare - Foto Maxar via Epa © www.giornaledibrescia.it
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Un ponte tra l'Italia, dove vive, e l'Ucraina, dove è nato e cresciuto. Slava è un uomo di 48 anni che vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti che vivono in città e villaggi sotto gli attacchi dei soldati russi. Ogni giorno, attraverso Slava, parleremo con chi sta vivendo la guerra in prima persona: questo progetto si chiama «Radio Kiev» ed è a cura di Tonino Zana.

Il nome da non scordare è Alexei, combatte in una galleria a Mariupol, ha 22 anni e adesso ne dimostra il doppio. Il nostro narratore quotidiano, Slava, prima di parlare di Alexei, commenta le dichiarazioni di Lavrov, ministro degli esteri russo: «Ne ha detto di tutti i colori. Ha detto che Hitler era un ebreo, che noi, ovvio, siamo nazisti. Da noi si dice che se stai zitto sembri più intelligente. Lavrov dovrebbe stare zitto. Ogni volta che parlano sostengono delle menzogne. È proibito completamente pronunciare la parola guerra. I dissidenti sono stati messi a tacere con la forza, messi a morte. Un'amica di mia moglie Natascia, campionessa del mondo di ciclismo, sostiene che la propaganda russa obbliga a credere che questa non sia una guerra, che chi pronuncia la parola guerra va in prigione per 15 anni e i dissidenti vengono fatti fuori, in un modo o nell'altro. 

Vi dicevo ieri del figlio di una nostra parente, un tipo che era un poco ribelle e sua madre decise due anni fa che gli avrebbe fatto bene un po' di militare, due anni dopo è finito a Mariupol e lei non lo ha sentito per parecchio tempo. Lei doveva credere che era vivo e stava bene perché gli lo riferiva un amico del figlio. Ieri ha chiamato, un'emozione incredibile. le sue parole sono state molto chiare, molto dure. Lui, che prima era un ragazzo, si è presentato con la barba lunga e un'età da molto adulto, chiare le sofferenze e i segni della resistenza sotto terra. Ha detto: "madre, le speranze sono poche, i russi ci vogliono tutti morti". Noi non cederemo niente. Ripeto, si chiama Alexei, non dimentichiamo il suo nome».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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