Processo al via per Zaki dopo 19 mesi di carcere: rischia 5 anni
Dopo 19 mesi di custodia cautelare è arrivato il rinvio a giudizio per Patrick Zaki in un processo che inizia a sorpresa già nelle prossime ore e in cui lo studente egiziano dell'Università di Bologna ora rischia cinque anni di carcere. Cadute le accuse più gravi di incitamento al «rovesciamento del regime» e al «crimine terroristico» che avrebbero comportato fino a 25 anni, come reso noto da dieci ong egiziane l'accusa ora è di «diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese» sulla base di un articolo pubblicato due anni fa. Il ragazzo rischia una multa o una pena fino a cinque anni di carcere, ha previsto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, segnalando che non è chiaro al momento quante udienze siano previste.
Le sentenze del Tribunale per la sicurezza dello Stato davanti al quale comparirà il 30enne sono inappellabili, hanno precisato le ong, tra cui quella per cui Patrick lavorava come ricercatore, l'Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr). La Corte è la numero 2 per i «reati minori» (detta anche «d'urgenza») di Mansura, la città sul delta del Nilo, circa 130 km a nord del centro del Cairo, dove Patrick è nato e vissuto fino al momento di andare all'università nella capitale, dove ora risiede la famiglia.
«Purtroppo era previsto che con l'approssimarsi della fine della detenzione preventiva dei 24 mesi, da quell'enorme castello di prove segrete mai messe a disposizione della difesa sarebbe stata presa una delle tante per mandarlo a processo. È uno scritto del 2019 in cui Patrick avrebbe preso le difese della minoranza copta perseguitata in Egitto», ha riferito il portavoce di Amnesty. L'udienza dovrebbe svolgersi a metà mattinata, ha previsto la sua legale Hoda Nasrallah.
Patrick era stato arrestato in circostanze controverse il 7 febbraio dell'anno scorso ed è stato detenuto per quasi tutto il tempo a Torah, il famigerato carcere alla periferia sud del Cairo. La custodia cautelare in Egitto può durare due anni e dopo una prima fase di cinque mesi di rinnovi quindicinali ritardati dall'emergenza Covid il caso è stato a lungo in quella dei prolungamenti di 45 giorni. Fino ad oggi le accuse a suo carico erano basate su dieci post di un account Facebook che i suoi legali considerano non gestiti da lui. Il suo caso, dopo quello della tortura a morte di Giulio Regeni, è quello che più ha creato attrito fra Italia ed Egitto ed è stato oggetto di una mobilitazione culminata con una richiesta del Parlamento al governo di concedergli la cittadinanza italiana.
«L'accusa di aver pubblicato un articolo in cui racconta i fatti della sua vita di cristiano egiziano» non fa altro che «confermare che l'unico motivo per privarlo della sua libertà è il suo legittimo esercizio della libertà di espressione per difendere i suoi diritti e quelli di tutti gli egiziani, in particolare i copti, all'uguaglianza e alla piena cittadinanza», hanno sottolineato le ong egiziane.
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