Obesità infantile: l'Italia pensa ad una tassa sullo zucchero
La sugar tax potrebbe arrivare anche in Italia. È la richiesta, affidata ad una lettera aperta al ministro della Salute Giulia Grillo e promossa dal quotidiano online Il fatto alimentare che ha ottenuto anche il pieno appoggio della Società Italiana di Diabetologia (Sid). L’appello vorrebbe l'introduzione di una tassa sul contenuto di zucchero nelle bevande per contrastare i tassi crescenti di obesità e la diffusione di diabete nel nostro Paese.
L’Italia, infatti, si colloca al terzo posto in Europa, dopo Grecia e Spagna, per la percentuale di bambini obesi o in sovrappeso, che arriva al 30%. Mentre per gli adulti il valore è del 45,1%, quasi la metà della popolazione. La questione è ormai un’emergenza anche per il servizio sanitario nazionale che deve gestire i problemi correlati all’obesità, come il diabete e le malattie cardiovascolari, con una spesa per le casse statali stimata tra i 6,5 e 16 miliardi di euro all’anno. Secondo gli ultimi dati, il 6,3% degli adulti italiani soffre di diabete, ma la percentuale aumenta, fino ad arrivare al 15%, tra gli adulti obesi. La vicenda non riguarda però solo il nostro Paese. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) considerano l’obesità una forma di epidemia globale.
L’eccesso di zuccheri è sicuramente una delle cause di questi problemi. E secondo l’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare dell’Istituto superiore di sanità, gli italiani assumono circa 100 g al giorno di zuccheri semplici, pari ad un quinto delle calorie assunte quotidianamente. Di questi 100 gr circa 12 derivano dal consumo di bevande zuccherate. Si tratta del doppio rispetto a quanto consigliato dall’Oms, che raccomanda di non superare il 10% delle calorie quotidiane.
«Di fronte a questi numeri, non si può restare a guardare. La lettera al ministero della Salute per l'introduzione della sugar tax rappresenta un esempio concreto di questa volontà di voltare pagina, verso una stile di vita più salutare. Ma è anche necessario promuovere iniziative parallele che investano i vari campi della prevenzione, dall'alimentazione alla lotta alla sedentarietà» afferma il presidente della Sid, Francesco Purrello. Nel mondo sono ormai molti i paesi che hanno applicato la sugar tax: l’ultima in ordine di tempo, nell’aprile 2018, è stata la Gran Bretagna, che ha proposto una tassazione incrementale al di sopra di un contenuto di cinque grammi di zucchero per 100 ml di bibita.
Ispirandosi agli inglesi e adottando in Italia una tassa del 20% sullo zucchero aggiunto alle bibite si genererebbe un incasso di 470 milioni di euro. Questa cifra però è sovrastimata. Quando in Gran Bretagna nel 2016 è stata introdotta la tassa, molte aziende hanno modificato le ricette riducendo o sostituendo gli zuccheri, dimezzando così le entrate previste. Ipotizzando un comportamento simile anche in Italia, l’incasso annuale arriverebbe comunque a circa 235 milioni di euro, soldi che sarebbe possibile investire in campagne di educazione alimentare e altri strumenti per favorire una dieta sana.
«Non sappiamo se questa petizione trasversale, per l'introduzione della sugar tax in Italia, andrà in porto e in che modalità. Come società scientifica vorremmo che gli eventuali proventi, derivanti da questa tassazione, vengano reinvestiti in importanti misure di prevenzione» conclude Purrello.
La scelta italiana non sarebbe isolata. Paesi di tutto il mondo hanno adottato, o stanno proponendo, una tassa sullo zucchero aggiunto alle bibite, per incentivare le aziende a modificare le ricette e creare un fondo destinato a realizzare programmi di prevenzione alimentare. Nella lista troviamo oltre alla già citata Gran Bretagna anche Francia, Irlanda, Belgio, Portogallo, Finlandia, Ungheria, Messico, Cile e città come Filadelfia e Berkeley negli Stati Uniti.
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