«Nessuna pietà»: la repressione della Cina contro gli uiguri
«Lavaggio del cervello sistematico» per centinaia di migliaia di musulmani detenuti in Cina, nelle regione dello Xinjiang. È quanto rivelano dei documenti ufficiali delle autorità cinesi di cui è entrato in possesso l'International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), tra cui la Bbc. L'emittente britannica ricorda che il governo cinese ha sempre sostenuto che i campi dello Xinjiang offrono istruzione e formazione volontaria contro l'estremismo alla minoranza uigura. Ma, dai documenti trapelati, ribattezzati China Cables, emerge come il governo cinese abbia dato istruzioni precise su come gestire i campi: cioè come prigioni di massima sicurezza, con un rigida disciplina, punizioni e divieto di fuga, dove la vita dei detenuti viene monitorata continuamente.
Nei memo ai carcerieri, tra l'altro, si legge «promuovere il pentimento e la confessione». L'ambasciatore cinese nel Regno Unito ha liquidato l'inchiesta come «fake news», ma la Bbc sottolinea che circa un milione di persone, per lo più uiguri, si ritiene siano stati arrestati senza processo in Cina.
Nei giorni scorsi, il New York Times aveva inoltre pubblicato più di 400 pagine di documenti interni che descrivono il giro di vite della Cina contro le minoranze etniche musulmane nello Xinjiang, prendendo di mira gli stessui uiguri ma anche i kazaki rinchiusi in campi di prigionia o nelle carceri. Tra le carte, anche discorsi del presidente Xi Jinping che nel 2014 esortò a non avere «alcuna pietà» nei confronti degli uiguri. Dai documenti trapela inoltre la volontà di Pechino di allargare le restrizioni all'Islam ad altre parti della Cina. Ma anche manuale distribuito alle forze dell'ordine della regione di Xinjiang per spiegare agli studenti, in visita alle loro famiglie, perché i loro cari fossero spartiti da casa. Già alla stazione, al rientro dal semestre scolastico, gli studenti venivano avvicinati e veniva spiegato loro che i genitori si trovavano in «scuole di addestramento» del governo e che quindi non potevano vederli. Nel caso di insistenza dei ragazzi, gli agenti erano autorizzati a minacciare velatamente i giovani, ai quali poteva essere detto che dal loro comportamento sarebbe dipesa la lunghezza della permanenza dei genitori nelle «scuole».
Il New York Times ha descritto i documenti ottenuti come la maggiore fuga di notizie dal partito comunista cinese negli ultimi decenni. Una fuga di notizie che piomba sulle trattative commerciali fra gli Stati Uniti e la Cina, impegnate a cercare di chiudere un mini-accordo che sembrava fatto, ma i cui tempi invece si allungano in mancanza di un'intesa sulla rimozione dei dazi.
«I documenti offrono uno spaccato di come la macchina di stato cinese ha portato avanti una della maggiori campagne di reclusione dall'era di Mao», ha scritto il quotidiano. I documenti rivelano che Xi nell'aprile del 2014, poche settimane dopo che alcuni militanti uiguri avevano accoltellato 150 persone, si disse a favore dell'uso degli «organi della dittatura» contro «il terrorismo, le infiltrazioni e il separatismo», senza mostrare alcuna pietà. I campi di reclusione - emerge dai documenti - sono aumentati dal 2016 con la nomina di Chen Quanguo a nuovo capo del partito per la regione di Xinjiang.
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