Mattarella a Bergamo: «Qui c'è l'Italia che ha sofferto»
«Ricordare significa riflettere, seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere». Sono queste le parole più intense, in un breve e sobrio discorso, pronunciate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, questa sera poco prima della Messa da Requiem di Donizetti davanti al cimitero monumentale di Bergamo alla presenza dei 324 sindaci dei Comuni della provincia, in rappresentanza dei loro cittadini, per un omaggio a quei morti che non hanno nemmeno potuto avere un funerale per l'emergenza coronavirus.
«Fare memoria significa anzitutto ricordare i nostri morti e significa anche assumere piena consapevolezza di quel che è accaduto. Senza cedere alla tentazione illusoria di mettere tra parentesi questi mesi drammatici per riprendere come prima - ha continuato il Capo dello Stato -. Significa allo stesso modo rammentare il valore di quanto di positivo si è manifestato. La straordinaria disponibilità e umanità di medici, infermieri, personale sanitario, pubblici amministratori, donne e uomini della Protezione civile, militari, Forze dell'Ordine, volontari. Vanno ringraziati: oggi e in futuro».
Mattarella, accompagnato dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori e dal Governatore lombardo Attilio Fontana, poco prima dell'inizio del Requiem ha visitato il cimitero e ha deposto una corona sulla lapide, davanti alla Chiesa di Ognissanti, su cui è incisa una preghiera in forma di poesia di Ernesto Olivero, fondatore del Servizio missionario giovani. «La strada della ripartenza è stretta e in salita. Va percorsa con coraggio e determinazione. Con tenacia, con ostinazione, con spirito di sacrificio. Sono le doti di questa terra, che oggi parlano a tutta l'Italia per dire che insieme possiamo guardare con fiducia al nostro futuro», ha aggiunto. A inizio discorso aveva precisato: «Tra l'omaggio reso alla lapide con la preghiera in poesia di Ernesto Olivero e la Messa da Requiem di Donizetti, lo spazio delle parole è doverosamente limitato; e rivolto soltanto a riflessioni essenziali. Qui a Bergamo, questa sera, c'è l'Italia che ha sofferto, che è stata ferita, che ha pianto».
Tutti ricordano la fila di camion dell'esercito che portano le bare dei defunti per il Covid in altre città perché a Bergamo non c'è più posto al cimitero e al crematorio. Le immagini - come la serata - sono state trasmesse su Raiuno. L'orchestra e il coro del Donizetti Opera festival, distanziati e indossando le mascherine, hanno eseguito la composizione in un clima sofferto - diversi gli orchestrali che hanno perso i familiari a causa del virus - e allo stesso tempo carico di dignità quella che Bergamo e la Lombardia hanno dimostrato in mesi terribili. Mattarella lo aveva promesso il 2 giugno, una Festa della Repubblica fra le più dure, a Codogno e ha mantenuto la parola di tornare nei luoghi del dolore.
E il cuore del messaggio del presidente si riassume in una frase con la quale cerca di spronare l'intero Paese a rimboccarsi le maniche: «da quanto avvenuto dobbiamo uscire guardando avanti. Con la volontà di cambiare e di ricostruire che hanno avuto altre generazioni prima della nostra».
«L'unico assassino è questo maledetto virus, non si troverà pace fomentando sterili vendette, non si supereranno le difficoltà di oggi senza guardare insieme al domani», aveva scritto su Fb prima di arrivare Fontana, sotto scorta dopo che a Milano sono apparse sui muri scritte di «Fontana assassino». Presente al ricordo anche Luca Fusco, portavoce del comitato Noi denunceremo che aveva contestato ieri l'annunciata presenza del presidente della Regione.
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