Italia e Estero

Lettera sull'Europa ai ragazzi che votano

Verso il 4 marzo: voto nazionale, voto regionale, che c’entra l’Europa? C’entra eccome
Lo sguardo dei giovani verso l'Europa - © www.giornaledibrescia.it
Lo sguardo dei giovani verso l'Europa - © www.giornaledibrescia.it
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Che siate già da un po’ maggiorenni o appena divenuti tali, preferisco chiamarvi ragazzi, sia perché la differenza di età tra voi e me - che dire anziana è poco - è tale che quella tra voi diventa irrilevante, sia perché avete da poco lasciato l’adolescenza. Confesso che io, a diciassette anni, non avrei voluto che finisse. Non desideravo i vent’anni, non mi piaceva il mondo degli adulti, tutti convenzioni e pregiudizi (un po' meno i miei genitori). Mio era il tempo dell’attesa, dei sogni inespressi, ma anche il desiderio di fare qualcosa per gli altri, trovare scopi al di là del piccolo mondo chiuso in cui eravamo vissuti per il fascismo e la guerra, sondare nuovi orizzonti. L’Europa, anzitutto.

Ed è di Europa, la Unione europea, che vi voglio parlare, in occasione del voto a cui siete chiamati. Voto nazionale, voto regionale che c’entra l’Europa? C’entra. Perché bisogna evitare che vinca il rifiuto di una vera unione, quello che per ignoranza attribuisce all’euro le cause di una crisi che, partita dall’America, ha contagiato il mondo e dalla quale proprio l’euro ci ha in parte protetti. Proclami astrusi in un mondo globalizzato che esige aperture e non chiusure; stressato da terrorismi e migrazioni, che vanno affrontati con strategie internazionali intelligenti e coordinate.

Vivere in un’Europa divisa in staterelli come nel medioevo, con tutti i confini, gli inciampi, i divieti, i cambi di monete ogni volta che ci si sposta per studi, lavoro o svago? Mentre un’Europa davvero unita, con una popolazione più numerosa di quella degli Usa, invidiabile per economia, cultura, storia, creatività, potrebbe essere lo Stato democratico più vivibile e potente del mondo, luce per gli altri. Per esserlo, dovrebbe diventare uno Stato federale, a cui gli Stati membri conferiscano parte della loro sovranità. Anzitutto in materia di difesa e politica estera, per garantire sicurezza e pace alla popolazione, e poi realizzarne il benessere, anche con la giustizia sociale.

Così l’avevano sognata quei tre eroi italiani, antifascisti e pacifisti, che nel duro confino di Ventotene scrissero nel 1941 il Manifesto che dell’isola porta il nome. E così la pensavano i grandi statisti che nell’ultimo dopoguerra si riunirono per dar vita a quella che allora chiamarono Comunità Europea: i francesi Schuman e Monnet, il belga Spaak, l’italiano De Gasperi, il tedesco Adenauer. Italia, Francia, Germania, Olanda, Paesi Bassi, Lussemburgo accettarono la sfida e firmarono il primo Trattato: la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA). Erano gli anni ’50 del secolo scorso, si cominciava dai piccoli passi, ma era in vista la firma di un Trattato essenziale, la CED (Comunità Europea di Difesa). Il progetto fallì per l’imprevisto ritiro della Francia.

Perché scrivo tutto ciò? Quando avevo la vostra età ho vissuto quegli eventi con passione, e penso di essere ora tra le poche persone ancora vive e dotate di buona memoria per testimoniarli. Inoltre scopro, leggendo alcune interviste, che voi ragazzi - anche se vivete l’Erasmus - lamentate di non conoscere la storia dell’Unione europea. Non l’avete vissuta, non vi è stata insegnata. Anche i vostri insegnanti non l’hanno vissuta. Tra pochi giorni andrete a votare: per Parlamento italiano e Regioni, d’accordo: ma non potete trascurare il fatto che essere italiani significa anche essere europei, e che il voto attuale potrebbe influire sui rapporti con l’Europa.

Io, alla vostra età, ho potuto partecipare alle prime, eccezionali e forse mai ripetute Giornate Europee della Gioventù del 1953 in Olanda, a L’Aia, con un viaggio pazzesco non privo di pericoli su strade ancora segnate dalle macerie della guerra, ma con la gioia di essere accolti a braccia aperte dai ragazzi di Maastricht e di fare amicizia, nelle ore libere, con quelli di altri Paesi - noi che all’estero non eravamo mai stati! -, e anche di ascoltare gli statisti che parlavano a noi nell’immensa piazza dove eravamo riuniti a migliaia, tra cui Spaak che congedandoci ci diceva, in vista delle prime elezioni per il Parlamento Europeo: «Noi non potremo ottenere niente se la gente, e soprattutto la gioventù, non ci appoggia col suo entusiasmo. Vi dico: Avanti!».

Ve ne trasmetto il ricordo, da europeista convinta nonostante le delusioni. Perché i vari trattati non hanno finora portato a un vero federalismo, che è necessario per la crescita dell’Europa, quindi bisogna ancora lottare per ottenerlo, sia pure per gradi. Andate a votare: ogni voto non dato, è a favore di chi non ci piace. E scegliete i candidati più sicuramente europeisti, non chi si dichiara tale per opportunismo. Ascoltate e leggete le voci di politici che decisamente e da tempo lo sono.

E Mario Draghi, autorevole italiano a capo della Banca Centrale Europea, che mentre fa manovre di salvataggio ripete che, senza unione politica, in Europa non si possono fare veri progetti. Li trovate vecchi? Non preoccupatevi: loro l'Europa la vogliono salvare, poi toccherà a voi farla funzionare al meglio. Ragazzi, voi siete il futuro d'Europa, ma l'Europa è il vostro futuro. Vi abbraccio.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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