«L'Italia disarmata e indifesa di fronte al Covid»
«È dal 2013 che gli Stati europei, e quindi l'Italia, sono giuridicamente vincolati a mantenere costantemente aggiornata la pianificazione pandemica in aderenza alle linee guida dell'Oms e del Centro europeo per il controllo delle malattie. Il piano pandemico nazionale invece non è mai stato costantemente aggiornato a partire dal 2010, o forse anche da prima». Lo afferma in un report Pier Paolo Lunelli, generale dell'Esercito, già Comandante della Scuola per la difesa Nucleare, batteriologica e chimica, e che ha contribuito a scrivere i protocolli anti pandemici per diversi Stati europei. «Avremmo potuto ragionevolmente risparmiare oltre diecimila vita umane» ha scritto in riferimento all'emergenza coronavirus.
«L'Italia possiede un piano nazionale obsoleto - evidenzia Lunelli -, inadeguato e incoerente sia con le linee guida della commissione europea del novembre 2005 e del gennaio 2009 sia con le decisioni del Parlamento europeo del 2013, sia con le linee guida dell'Oms nel maggio 2017, gennaio 2018, marzo 2018, giugno 2018 e settembre 2018, sia con quella del Centro europeo di prevenzione delle malattie del novembre 2017».
Il non avere seguito le linee guida per adeguarsi in tema di piano pandemico, date nel corso degli anni da Oms e Centro europeo di prevenzione delle malattia, «ha reso l'Italia disarmata e indifesa di fronte alla minaccia del Covid che è dilagata nel nord del paese» scrive nel report sulla gestione Covid in Italia. Emergerebbero così «gravi responsabilità del Ministero della salute che ha smesso di aggiornare il proprio piano pandemico, cosa che non ha consentito alle regioni italiane e alle aziende sanitarie nazionali di fare altrettanto al loro livello». «Potevamo ridurre - scrive Lunelli - il tasso di mortalità se avessimo potuto fare conto su un sistema di piani pandemici coordinati a livello centrale, regionale o locale, e per approntarli sono necessari mesi di lavoro. Germania e Svizzera ne sono la testimonianza sul campo».
Per Lunelli, che ha contribuito a scrivere e predisporre i protocolli anti pandemici di alcuni Stati europei, «il 31 gennaio 2020 quando è stato dichiarato lo stato di emergenza pandemia, mancavano piani di emergenza a livello statale e di conseguenza a livello regionale e locale che si potessero chiamare tali, tanto è vero che per le sue decisioni il Governo sembra si sia basato su un testo redatto sul momento e poi stranamente secretato». L'elaborazione di piani accurati e aggiornati, scrive ancora il generale in pensione, «ci avrebbe avvertito che i posti in terapia intensiva sarebbero stati insufficienti a gestire una pandemia e bisognava raddoppiarli, che dovevamo avere scorte di almeno 3-4 mesi di dispositivi di protezione per i sanitari impegnati in prima linea, che avremmo dovuto avere mascherine di protezione per tutti i ricoverati in ospedale, che avremmo dovuto disporre di un sistema efficiente di comando e controllo per la gestione della pandemia».
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