Italia e Estero

L'Afghanistan è nel caos e si teme che Kabul cada fra poco

Continua l'avanzata dei talebani, che hanno conquistato la decima capitale provinciale. E in Europa è polemica sull'espulsione dei profughi
  • Profughi afghani sfollati da Kunduz e Takhar, due province prese dai talebani
    Profughi afghani sfollati da Kunduz e Takhar, due province prese dai talebani
  • Profughi afghani sfollati da Kunduz e Takhar, due province prese dai talebani
    Profughi afghani sfollati da Kunduz e Takhar, due province prese dai talebani
  • Profughi afghani sfollati da Kunduz e Takhar, due province prese dai talebani
    Profughi afghani sfollati da Kunduz e Takhar, due province prese dai talebani
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    Profughi afghani sfollati da Kunduz e Takhar, due province prese dai talebani
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In Afghanistan ormai è sempre più il caos. Se pubblicamente si continua a ostentare sicurezza, dietro le quinte a Washington e nelle capitali europee sono rimasti in pochi a professare ottimismo di fronte all’irrefrenabile avanzata dei talebani, che hanno conquistato la decima capitale provinciale in pochi giorni, Ghazni, a soli 150 chilometri da Kabul. La rapida disintegrazione delle forze di sicurezza afghane è a questo punto davanti agli occhi di tutti. Tanto che la caduta di Kabul, se continua così, è ora prevista entro 90 giorni, ma dati gli ultimi sviluppi i tempi potrebbero stringersi ulteriormente.

Dopo una settimana di conquiste di città una dietro l'altra, i talebani hanno appena preso il controllo di aree chiave di Ghazni: l'ufficio del governatore, il quartier generale della polizia e la prigione, fa sapere Nasir Ahmad Faqiri, capo del consiglio provinciale, aggiungendo che in alcuni parti della città sono ancora in corso combattimenti.

L’allarme parte dalla stessa amministrazione Biden, con le previsioni di qualche giorno fa divenute già carta straccia, che indicavano la possibile caduta della capitale nelle mani dei talebani in un arco di tempo tra sei o dodici mesi. Ma la conquista della nona provincia, quella di Faizabad, nel nord del Paese, e la resa di centinaia di soldati governativi che si erano ritirati vicino all’aeroporto di Kunduz dopo la caduta della città del nordest, fanno capire come oramai la situazione stia precipitando. Non si pensava a uno stravolgimento così veloce quando Joe Biden annunciò il ritiro completo delle forze militari Usa dal Paese entro il 31 agosto, ponendo fine a una guerra durata vent’anni. Ma di fronte alle crescenti critiche per aver di fatto abbandonato l’Afghanistan al suo destino, il presidente americano non arretra di un millimetro. «Non sono affatto pentito della decisione presa - ha ribadito rispondendo alle domande dei reporter alla Casa Bianca, come riporta la Bbc -. È ora che i leader afghani si mettano assieme e comincino a combattere per conto loro, per il loro Paese. È questione di volerlo». 

Biden ha ricordato anche come Washington abbia speso negli ultimi vent’anni 1.000 miliardi di dollari per addestrare e armare le forze di sicurezza di Kabul, senza contare il costo pagato in vite umane. Ma all’interno dell’amministrazione Usa serpeggiano i malumori, soprattutto ai vertici del Pentagono e delle forze armate, per quella che è stata vista come un’imprudenza da parte della Casa Bianca che potrebbe portare a conseguenze difficilmente prevedibili, trasformandosi di fatto in un boomerang senza precedenti. 
Intanto il Dipartimento di stato si prepara al peggio e, secondo quanto trapela, starebbe già aggiornando i suoi piani di evacuazione dell’ambasciata di Kabul dove presto potrebbe rimanere solamente il personale essenziale tra diplomatici e staff. Oltre agli uomini addetti alla difesa della sede diplomatica, gli unici militari americani destinati a restare sul suolo afghano dopo il completo ritiro di fine mese. 

Monta nel frattempo la polemica sui rifugiati afghani in Europa, con Bruxelles che teme una nuova ondata come nel 2015 e le varie capitali divise sul destino di migliaia di persone che fuggono dalla guerra e dalla vendetta dei talebani. La sera del 10 agosto Euronews scriveva di una lettera in cui sei paesi - Germania, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio e Grecia - chiedevano alla Commissione Europea di continuare con i rimpatri dei profughi afghani. Soltanto ieri Paesi Bassi e Germania hanno fatto retromarcia e hanno deciso di sospenderli, sulla scia di Svezia e Finlandia.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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