I negoziati sul Recovery Fund sono in fase di stallo
È braccio di ferro al vertice europeo tra Italia e Spagna da una parte ed i Paesi frugali dall'altra sugli aiuti europei. Nonostante la maxi-maratona negoziale a Bruxelles, sono ancora molti i nodi da sciogliere, soprattutto sul volume dei sussidi e la governace del Recovery Fund, con il premier olandese Mark Rutte che continua ad insistere sulla necessità di poter esprimere eventuali preoccupazioni sull'attuazione dei piani di riforma nazionali, e come estremo rimedio bloccare tutto.
Una posizione inaccettabile per Giuseppe Conte e per lo spagnolo Pedro Sanchez, che tra ieri e oggi non hanno mancato di confrontarsi duramente con il leader dei Paesi Bassi, respingendo l'ipotesi di un voto all'unanimità del Consiglio per il via libera agli esborsi, ma anche del «super freno di emergenza», parte della nuova proposta complessiva messa sul tavolo in mattinata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Il primo ministro italiano in particolare ha disseppellito l'ascia di guerra della politica fiscale comune, deciso ad affrontare «una volta per tutte» quei «surplus commerciali e dumping fiscali» (praticati ad esempio dall'Aja) per poter finalmente competere «ad armi pari».
Ad irrigidire ancora di più gli animi è emersa poi una nuova posizione della Svezia, che a nome anche degli altri Frugali (Olanda, Austria e Danimarca), e con il sostegno della Finlandia, ha chiesto di non superare un massimo di 150 miliardi di euro di sussidi per il Recovery Fund. Sullo sfondo è continuata anche la battaglia della condizionalità dei fondi sullo stato di diritto. Nonostante le foto che ritraggono Michel impegnato in bilaterali con l'ungherese Viktor Orban ed il polacco Mateusz Morawiecki, in un'atmosfera cordiale e rilassata su una terrazza all'aperto nella prima giornata di sole dopo molte di pioggia, i leader dell'Est si sono dimostrati determinati a lottare fino a quando qualsiasi riferimento non sarà stato cancellato dalla bozza di accordo.
Una situazione «complicata» insomma, «molto più complicata del previsto», che Conte non ha esitato a definire uno «stallo». Moderatamente più ottimista è apparso l'austriaco Sebastian Kurz: sebbene «non ci sia ancora alcuna svolta - ha detto - la discussione si è avviata nella giusta direzione». A mediare, ancora una volta, la cancelliera Angela Merkel, impegnata in una moltitudine di riunioni in vari formati, quasi sempre con il francese Emmanuel Macron, spesso con Michel e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Anche se è attesa una nuova proposta, per ora la base del negoziato lascia intatto l'ammontare totale del Recovery Fund a 750 miliardi. È cambiato però l'equilibrio tra i sussidi, scesi a 450 miliardi (dai 500 della precedente proposta), ed i prestiti, ora a 300 miliardi (da 250). Nonostante la sforbiciata ai trasferimenti a fondo perduto, tuttavia, è stata rafforzata di 15 miliardi la Resilience Recovery Facility (RRF) - il vero cuore del Fondo di rilancio che prevede allocazioni dirette ai Paesi secondo precisi parametri - aumentate da 310 miliardi a 325. Tra sussidi e prestiti, una dotazione da 625 miliardi di euro. Il taglio ha riguardato invece la parte di sovvenzioni spacchettate tra i programmi. La vittima sacrificale è stato il Solvency Support Instrument (nella proposta precedente dotato di 26 miliardi). Il fondo a sostegno delle aziende entrate in crisi a causa della pandemia è stato azzerato. A farne le spese anche varie altre voci, dal supplemento a sostegno della ricerca Horizon Europe al Fondo agricolo per lo sviluppo. Intatti invece il Just Transition Fund, la dotazione integrativa per finanziare azioni di sostegno per i territori più in difficoltà sulla transizione ecologica (30 miliardi), su cui l'Italia punta ad esempio per l'Ilva, e RescuEu, la dotazione della Protezione civile rimasta invariata, con due miliardi di sussidi. La trattativa è dunque destinata a proseguire: i lavori riprenderanno domani, domenica, per trovare una sintesi tra le varie istanze.
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