Gelmini-Calenda, accordo quasi fatto sul collegio di Milano
L’orizzonte sarebbe quello di trasformare l’area Draghi in un progetto politico ed elettorale, «confederando» Italia Viva e Azione con Italia al Centro di Toti, ma lasciando fuori dal perimetro Luigi Di Maio. Una corsa solitaria, fuori dai due poli, per dare gambe a un terzo fronte che possa percentualmente contare nel Parlamento futuro.
Ed è esattamente qui, in questo palco moderato e riformista, che il ministro Mariastella Gelmini sembra essere ben più che orientata a collocarsi. Il simbolo sotto il quale dovrebbe presto palesarsi il suo nome è quello di Azione. E adesso ci sarebbero anche le coordinate: il collegio per la candidatura sarebbe quello di Milano.
Ad aiutare ulteriormente questo passo (già in cantiere da tempo, per la verità: i due, il ministro e il leader di Azione, Carlo Calenda, si sono già incontrati e parlati diverse volte) sarebbe stata la distanza sempre più marcata con il Pd. «Gelmini non passerà mai dal centrodestra all’alleanza con la sinistra, piuttosto resta fuori dalla politica» garantisce chi è a stretto contatto con l’ex fedelissima di Silvio Berlusconi.
«Io a fare l’ammucchiata contro i sovranisti non ci sto - mette a verbale Calenda -. Se vogliono l’Unione bis, facciano pure. Senza di noi. E poi siamo sicuri che i Dem correranno senza i 5s? Per ora non mi hanno fatto neppure una telefonata, dunque hic manebimus optime».
La corsa contro il tempo, però, per il partito di Calenda è duplice. Non solo per il timing imposto da un voto fissato ormai per il 25 settembre, ma anche perché il leader di Azione non ha fatto in tempo a creare il proprio gruppo in parlamento. Il che significa che dovrà, in tempi record, raccogliere le firme per poter presentare il simbolo. E non si tratta di numeri piccoli. La normativa prevede infatti che le formazioni politiche costituite in gruppi parlamentari in almeno una delle due Camere siano esentate dalla raccolta delle firme. Tutte le altre devono invece raccoglierne almeno 375 per collegio plurinominale. Con una particolarità: la lista deve presentarsi in almeno due terzi dei collegi plurinominali di una circoscrizione.
Discorso analogo vale per il Senato. Questo significa che Azione dovrà raccogliere tra le 1.500 e le 2.000 firme in ciascuno collegio plurinominale (che sono 49 per la Camera e 26 per il Senato). Il numero di firme complessivo è quindi per la Camera di 73.500 e per il Senato di 39mila: un adempimento, questo, che può essere compiuto solo in presenza e su moduli cartacei e che prevede l’autenticazione.
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