Italia e Estero

Emergenza Covid, la mappa della gestione in Regione Lombardia

Fondazione Openpolis ha ricostruito la mappa del potere e delle responsabilità in Regione
Una delle conferenze stampa di Regione Lombardia durante l'emergenza Covid-19
Una delle conferenze stampa di Regione Lombardia durante l'emergenza Covid-19
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La gestione dell’emergenza Covid-19 in Lombardia è stata difficile. Una crisi sanitaria senza precedenti, che ha chiamato le istituzioni politiche a affrontare una situazione inedita, senza poter contare su protocolli aggiornati o esperienze pregresse. Questo ha portato in molteplici casi ad una diversità di gestione tra Regione e Regione, ma anche a momenti di scollamento tra Governo e istituzioni locali, al punto da arrivare al rimpallo delle responsabilità anche in merito a questioni nodali, come la mancata proclamazione della zona rossa di Alzano a inzio epidemia oppure la tardiva chiusura delle Rsa.

Nella regione più colpita dall’epidemia di coronavirus, l’emergenza sanitaria è stata coordinata principalmente dalla macchina amministrativa di Palazzo Pirelli, non solo attraverso l’impulso politico del presidente Attilio Fontana e dell’assessore al welfare Giulio Gallera. Le competenze sono state distribuite su altri tre centri di responsabilità: l’unità di crisi, la task force Covid-19 e il comitato tecnico scientifico, come ricostruito nell’approfondimento di Fondazione Openpolis. «L’emergenza ha evidenziato alcuni limiti, tra cui quello della trasparenza». Tanto che sul sito di Regione Lombardia, al momento dell’inchiesta, non erano reperibili alcuni atti ufficiali, tra cui quello di nomina dell’unità di crisi, che il gruppo di lavoro ha chiesto e poi ottenuto via mail.

Capiamo allora come si compone la mappa delle competenze e del potere in Regione. Non tanto guardando ai primi giorni, in cui era stata caldeggiata l’ipotesi, poi accantonata, di nominare un super commissario con poter straordinari. Piuttosto lo sguardo va puntato al periodo da metà marzo in poi, quando è stato chiaro che le Regioni avrebbero avuto un certo margine di autonomia, come stabilito dall’ordinanza della Protezione civile in cui è stato consentito ai governatori di agire in deroga alla normativa.

Di certo, il ruolo centrale è stato giocato dalla direzione generale welfare, a cui fanno capo sia la task force che il comitato scientifico e che coordina l’unità di crisi.


Unità di crisi



Il 12 marzo con un decreto del segretario regionale la Regione ha dato il via sia all’unità di crisi (richiesta dalla protezione civile nazionale) che alla task force. La prima, secondo quanto riportato dall’atto reperito da Openpolis e in allegato a questo articolo, è formata da 154 persone. «Nelle altre regioni questo organo di solito non supera i 10 componenti». Nel caso della Lombardia, si tratta di «90 persone interne all’amministrazione regionale, 49 dipendenti di aziende partecipate dalla Regione e 15 esperti di sanità».

Task force Covid-19
Composta da 16 persone, fa riferimento direttamente alla direzione welfare, coordinata da Luigi Cajazzo. Si tratta di personale dirigenziale più 4 professionisti del settore sanitario.

Comitato tecnico scientifico

È stato istituito il 7 aprile e conta 26 membri, tutti con competenze medico scientifiche. Purtroppo anche in questo caso l’atto istituivo non si trova sui siti istituzionali ed è stato scaricato dal sito Lecco news.

In conclusione, secondo Openpolis «le strutture create ad hoc per la gestione della crisi sanitaria in Lombardia hanno in buona parte ricalcato la gerarchia amministrativa interna della regione. In questo quadro, in effetti, pare essere più rilevante il livello amministrativo piuttosto che quello politico».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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